Pisa, quella porta chiusa in faccia all'Ikea fa gridare allo scandalo anche all'estero

Dopo sei anni dal progetto l'Ikea si è vista negare l'autorizzazione per la costruzione di un punto vendita in provincia di Pisa. Un investimento da 60 milioni di euro che avrebbe portato 350 posti di lavoro. Del caso si è occupato anche l'International Herald Tribune, citandolo a esempio della scoraggiante via per la prosperità dell'Italia". Pisa cerca di rimediare... Ma c'è un caso analogo a Torino

Pisa, quella porta chiusa in faccia all'Ikea 
fa gridare allo scandalo anche all'estero

Pisa - Da tempo Ikea ha in mente di allargare la propria rete di vendita in Italia aprendo un magazzino in provincia di Pisa. Sarebbe il secondo in Toscana, dopo quello di Firenze. Individuata l'area - nel Comune di Vecchiano (a Migliarino Pisano, per l'esattezza) - sono partite le trattative con gli amministratori locali. Trattative estenuanti, sei anni, che alla fine hanno prodotto un buco nell'acqua: niente da fare per gli svedesi. A Vecchiano lo stabilimento non s'ha da fare. Problemi burocratici. O meglio, l'incapacità da parte degli amministratori locali di sedersi a un tavolo per trovare un compromesso accettabile con chi, investendo tanti soldi e portando centinaia di posti di lavoro, ovviamente desiderava avere qualche garanzia (parcheggi, viabilità, ecc.). La rottura della trattativa è stata motivata dalla stessa Ikea lo scorso maggio: "L'eccessiva dilazione dei tempi di decisione da parte delle autorità locali". Una storia che ha dell'incredibile. Infinite lungaggini burocratiche e politiche hanno bloccato un investimento da 60 milioni di euro, con la realizzazione di un negozio di circa 20mila metri quadrati con annesse infrastrutture viarie e la creazione di circa 350 posti di lavoro.

Clamore internazionale Il caso della mancata apertura dell'Ikea in provincia di Pisa è finito anche sull’International Herald Tribune. Viene citato tra gli esempi della "scoraggiante via per la prosperità" dell’Italia. L’articolo si sofferma su una serie di casi e di interviste ad imprenditori italiani sulla burocrazia e sulla politica italiana come freno all’economia. A proposito del caso Ikea si legge nell’articolo che "sei anni fa il gigante Ikea pianificò di aprire un magazzino da 60 milioni di euro a poche miglia dalla torre di Pisa ma poi le cose si sono ingarbugliate come succede spesso in Italia dove burocrazia e politica schiacciano l’economia".

Si cerca di correre ai ripari Tanto clamore non poteva passare inosservato. Il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, è corso subito ai ripari per cercare di limitare i danni e far capire al colosso svedese che qualcosa si poteva ancora fare. Rossi si è prodigato in prima persona, in un faccia a faccia con l'amministratore delegato di Ikea Italia, Lars Peterson, per convincerlo a non abbandonare l'idea di investire sulla costa toscana. Gli svedesi hanno fatto finta di nulla, rispetto ai pesci in faccia presi sino ad ora, e si son detti disposti a prendere in considerazione nuove soluzioni per la costruzione del loro punto vendita. Non lontani dalla zona che piaceva a Ikea ci sarebbero almeno tre alternative, tre i comuni interessati: Pisa, Cascina e Collesalvetti. Ma l'Ikea fa gola a molte altre amministrazioni locali. Per fortuna, infatti, non tutti ragionano coi paraocchi e sono ancora in grado di ragionare con lungimiranza, evitando di mandare all'aria una buona opportunità di sviluppo economico. 

Un no anche in provincia di Torino Il caso di Pisa non è il solo. Cinque anni di lavoro e trattative non sono bastati per l'apertura del secondomagazzino dell'Ikea a Torino. In questo caso a dire no è stata la Provincia. Con la scusa che si tratta di "terreni agricoli".

Come se non fosse possibile trovare una soluzione salvaguardando il verde senza sacrificare il necessario sviluppo economico. Anche in questo caso sono andati in fumo svariati milioni di investimento (60) e almeno 250 posti di lavoro. 

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