«La plusvalenza non è reato» Assolti Inter, Milan e Galliani

Archiviate le accuse di falso in bilancio. Il Gup: non c’è stato doping amministrativo

da Milano

«Il fatto non costituisce reato». Fine di un derby giudiziario durato oltre due anni. Milan e Inter incassano una doppia vittoria. Cade l’accusa di maquillage contabile per i bilanci 2003-2004, che secondo la procura di Milano sarebbero stati «aggiustati» attraverso lo scambio di giocatori semisconosciuti a prezzi gonfiati.
Ieri, il giudice per le udienze preliminari di Milano Paola Di Lorenzo ha infatti prosciolto dall’accusa di falso in bilancio Adriano Galliani, vicepresidente vicario e amministratore delegato del Milan, Rinaldo Ghelfi, vicepresidente dell’Inter, e Mauro Gambaro, ex dirigente nerazzurro. E prosciolti anche i due club, che erano stati indagati ai sensi della legge 231 sulla responsabilità amministrativa delle società. Con qualche sfumatura che non cambia la sostanza delle cose: in base alla legge, non si è trattato di doping amministrativo.
«In relazione alle imputazioni concernenti il bilancio al 30/6/2003» - scrive infatti il giudice nel provvedimento - è stato dichiarato il non luogo a procedere perché l’azione penale non poteva essere esercitata per essere il reato prescritto», mentre riguardo ai bilanci chiusi il 31/12/2003 e il 31/12/2004 (e approvato il 28 aprile 2005), perché «il fatto non costituisce reato». Il tribunale, dunque, respinge la richiesta di rinvio a giudizio avanzata dal pubblico ministero Carlo Nocerino, titolare dell’inchiesta. La posizione del presidente dell’Inter, Massimo Moratti, era già stata stralciata. Per il patron nerazzurro, il pm ha chiesto l’archiviazione, anche in relazione al fatto che all’epoca in cui venne approvato uno degli esercizi di bilancio contestati risultava come presidente del club di via Durini Giacinto Facchetti, nel frattempo scomparso. Ma anche per Moratti, a questo punto, si profila un proscioglimento nel merito.
«Evidentemente - ha commentato al termine dell’udienza l’avvocato Gaetano Pecorella, legale del Milan - il bilancio rispondeva a verità. La valutazione fatta dal giudice è che i bilanci erano genuini e veritieri anche perché gli aumenti di capitale non avevano reso necessario modificare i bilanci stessi per nascondere passività inesistenti». Stessa linea per Leandro Cantamessa, consigliere e legale rossonero, per il quale «non c’è mai stata alcune falsificazione dei bilanci».
L’indagine era nata in seguito a un esposto presentato nel 2004 dall’allora presidente del Bologna, Giuseppe Gazzoni Frascara. La prima inchiesta venne aperta dalla procura di Roma, che aveva ipotizzato il reato di falso in bilancio per eludere le norme che regolano l’iscrizione al campionato. Era l’11 febbraio. Due giorni dopo, il primo blitz della Guardia di finanza con 51 club perquisiti, oltre alla Figc e alla Lega. La procura di Milano, invece, aveva mandato i primi avvisi di garanzia (a Galliani e ai dirigenti dell’Inter, ma non a Moratti, che finirà nel registro degli indagati un anno più tardi) nell’aprile del 2005, in seguito alla perquisizione delle Fiamme gialle nelle sedi delle due società.
Il pm Nocerino aveva accusato Milan e Inter di aver «esposto nei bilanci fatti non rispondenti al vero su attività e passività, allo scopo di evitare di evidenziare perdite che avrebbero comportato l’obbligo di ripianarle o di ridurre il capitale sociale entro il successivo esercizio», attestando almeno 18 compravendite di giocatori «fittizie nella determinazione del prezzo di cessione o di acquisto». Non così per il giudice, secondo cui le due società hanno ripianato correttamente i propri debiti.

Dunque, niente doping amministrativo né maquillage contabile. «E con il falso in bilancio - chiosa l’avvocato Pecorella, che già mercoledì aveva incassato il proscioglimento di Silvio Berlusconi dalla stessa accusa per la vicenda Sme - siamo 2 a zero».

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