RomaC’è la magistratura inquirente e quella giudicante, quest’ultima da intendersi nell’accezione più vasta, per cui volentieri giudica anche il governo, le proposte di legge, i ministri, i premier (sempre per la gioia dei berluscones...). Sulla riforma della giustizia sono noti i sit-in dell’Anm, sui tagli alla giustizia anche, su una quantità di provvedimenti altrettanto, la novità (che rinsalderà l’asse Lega-Cavaliere) è che anche il federalismo fiscale non va giù alle toghe. Proprio nelle ore in cui si decide la sorte del quarto decreto modellato da Calderoli, con un serio rischio di bocciatura per mancanza di numeri tra pochi giorni, il procuratore nazionale aggiunto dell’Antimafia, Alberto Cisterna, con tempismo perfetto prende la parola e accosta due termini che messi insieme, per le orecchie leghiste, sono peggio di una bestemmia. Dice Cisterna in un convegno organizzato dal sindacato giornalisti a Roma: «Il federalismo rischia di far vincere definitivamente la mafia, perché rischia di portare all’uscio di casa della criminalità organizzata molto del potere e delle opportunità che prima dovevano intercettare altrove». È in breve il secondo capitolo della saga Saviano sulla mafia che dialoga con la Lega al Nord, perché il messaggio implicito è che più soldi andranno ai comuni più la mafia gongolerà, tanto che Saviano l’aveva detto chiaro e tondo dopo la polemica su Vieni via con me: «La mafia scommette sul Nord e sul federalismo». «Tanto più si attribuiscono poteri nelle regioni più si accorciano le distanze per il potere mafioso - spiega similmente il magistrato - già oggi è più importante conoscere e influenzare un assessore regionale che non un esponente nazionale». Localizzando ancor di più il potere la possibilità di accedervi da parte della criminalità aumenta, secondo il magistrato. Dunque la riforma della Lega è un regalo alla mafia? Ohibò. Già qualcun’altro aveva definito il federalismo un «albero storto», ed è stato Tremonti durante la relazione del Copaff, la Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale istituita dal Tesoro. Però Tremonti si riferiva al federalismo imperfetto uscito dalla riforma del titolo V fatta nel 2001 dal centrosinistra. Il federalismo fiscale, un pacchetto di sette decreti che, dal fisco municipale ai costi standard alla fiscalità delle Regioni e alla responsabilità dei governatori, punta a correggere le storture di quell’albero. Spiega il professor Luca Antonini, presidente del Copaff: «Non bisogna fraintendere. Il federalismo senza federalismo fiscale, cioè quello attuale, ha decentrato il potere di spesa ma ha lasciato lo Stato come pagatore, in ultima istanza, dei dissesti economici degli enti locali. Il federalismo fiscale invece è la radicale correzione di questo sistema, perché porta ordine dove oggi c’è spesso anarchia contabile, che poi nasconde connivenze di ogni tipo. Il federalismo fiscale porta trasparenza nei bilanci, razionalizzazione della spesa, sanzioni molto pesanti come il fallimento politico, e in generale responsabilità nell’uso delle risorse».
L’uscita del procuratore aggiunto è scivolata via senza provocare le reazioni previste nella Lega, forse perché gli uomini di Bossi sono in altre faccende affaccendate. Ieri c’è stato un vertice in via Bellerio con il segretario federale, Maroni e i vertici del partito. Assente Calderoli solo perché impegnato a limare la bozza del decreto in ascolto dei rilievi dell’Anci. Una volta assorbite (per quanto possibile) le richieste dei sindaci e alcuni emendamenti dell’opposizione, il decreto sul federalismo municipale arriverà alla prova del voto, fissata per il 2 febbraio in Parlamento. La Loggia, presidente della bicameralina che dovrà votare, è «ottimista». Ma l’Idv, che ha un voto in Commissione, e il Pd sembrano lasciare pochi spiragli.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.