Pochi applausi per un discorso senz’anima

Massimo Caprara

Con tutto il rispetto che gli dobbiamo, scriviamo che il discorso del neo presidente Giorgio Napolitano è quello che ci aspettavamo: forbito quanto basta, sobrio, diligente, ben distribuito, moderato. Sembra che non manchi nulla, neppure una virgola. Tutto però è senza un’anima e senza un cuore. E gli scarsi applausi che l’hanno salutato da Montecitorio al Quirinale sono un giusto riconoscimento senza scoppi di battimani, osanna senza gloria.
Non ci sarà qualcuno domani o dopo che se ne ricordi, qualcuno che abbia gettato in aria il suo berretto, come s’usava una volta, qualcuno con gli occhi umidi per l’ardore: una compostezza che non possiamo che lodare e applaudire non più del necessario (q.b. come prescriverebbe una ricetta di vecchio stampo e di antica sapienza). Noi che non siamo per le grandi effusioni, non abbiamo che da compiacercene.
Ci aspettavamo dal nuovo presidente un bel compito e questo abbiamo ottenuto senza un’ombra di delusione. Sembra che su tutto sia calata una foschia di significato elettorale, quasi prodiana, cioè flemmatica che giunge all’applauso come tirata per i capelli con un sorriso stereotipato e appena accennato. Una volta il presidente Saragat negli anni Sessanta mi raccontò che tutta la discesa da via IV novembre a piazza Venezia a Roma, la sua ospite Regina Elisabetta d’Inghilterra la spese parlandogli fittamente per spiegargli com’è difficile frenare i cavalli dei corazzieri perché non scivolino sul selciato. L’unico espediente è quello di fasciargli gli zoccoli con la paglia, come aveva fatto il primo console Napoleone Bonaparte per passare senza essere visto o udito sotto la fortezza piemontese di Bard.
Pochi applausi e freni tirati come al Gran San Bernardo. Ma a Roma? Né l’uscente Berlusconi aveva ovviamente il viso disposto a suscitare applausi, e tanto meno Napolitano aveva la scorta di sorrisi limitata di cui dispone. Accontentiamoci per ora. Ci sarà tutto il tempo per gli applausi: se verranno. Ma quello che s’è visto non deve esser stato un belvedere: carrozze di festa come da copione, corazzieri da parata dal viso impassibile, un corteo, insomma, più adatto a uno stile austero e formale che a una festa corale e popolare. Il neo presidente Napolitano ha più gatte da pelare che gioie da assaporare. Lo sappiamo tutti e speriamo che riesca a mostrare un volto più colmo di speranza. Io che lo conosco da tempo, purtroppo, non glielo ho mai visto.
Molto tempo è passato da quando, negli anni Quaranta egli tentò volenterosamente di fare l’attore di teatro di prosa. I tempi sono cambiati e non basta una piccola e ben disposta commedia per cambiare in meglio le ore dei tempi che ci aspettano.

Non basta neppure Prodi ad avere un volto rassicurante come quello che ha tentato di mostrare durante le sue uscite elettorali. Non bastano più i risicati applausi in Parlamento o lungo lo striminzito corteo romano. Ci vuole ora una gran dose di coraggio e di creatività di fronte al mondo intero. Ci saranno?

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