Fallimento Silicon Valley Bank, tutte le colpe della Fed

Il Wall Street Journal punta il dito contro il sistema bancario e gli organi di vigilanza. Le parole del presidente Usa Joe Biden e di altre cariche titolate non bastano più a sedare gli animi

Fallimento Silicon Valley Bank, tutte le colpe della Fed

Il fallimento della Silicon Valley Bank è uno spauracchio per i mercati finanziari, memori di quanto accaduto nel 2008 con Lehman Brothers che ha demolito il concetto di “too big too fail”, abbandonata al suo destino persino dalle autorità federali americane.

Non ci sono gli estremi per credere che il collasso della Silicon Valley Bank (Svb) possa innescare un effetto a cascata di grande portata, occorre quindi capire perché sui mercati, già poco razionali per definizione, regna l’irrazionalità totale.

Un’idea se l’è fatta il Washington Post, che punta il dito su tutto il sistema bancario, sulle banche centrali (soprattutto la Fed, la banca centrale Usa), sui mercati e sugli organi di vigilanza.

La conseguenza di ciò è la minore fiducia degli investitori che neppure le parole di personalità autorevoli riesce a sanare.

Il fallimento Silicon Valley Bank e il ruolo della Fed

Per il quotidiano americano le origini del fallimento Svb sono da ricercare tanto negli errori commessi dalla banca quanto nelle politiche monetarie della Fed e nei mancati interventi del sistema di vigilanza americano da parte della Security and Exchange Commission, (Sec).

Svb ci ha messo del suo sbilanciando in modo massiccio la raccolta di denaro sul breve termine e l’impiego sul lungo periodo dei depositi (quello che in gergo si chiama mismatching). Inoltre, la Svb non ha diluito il rischio, impegnando denaro in pochi comparti economici. Come se la lezione impartita dal Lehman Brothers non avesse insegnato nulla.

Ma c’è una responsabilità oggettiva, secondo il Washington Post, anche delle autorità deputate alla vigilanza e della Fed. Le prime non hanno vigilato (o lo hanno fatto troppo tardi) permettendo così alla Svb di gestire i propri fondi in modo discutibile, mentre la banca centrale ha contribuito con gli errori in materia di politica monetaria. Occorre però fare una precisazione.

I tre passi falsi di Svb

Il primo errore è che Svb non ha fatto operazioni di hedging (copertura) per lenire gli effetti degli aumenti dei tassi direttori voluti dalla Fed e, secondo errore, pur sapendo che la vendita di circa 20 miliardi di dollari di bond si sarebbe tradotta in una perdita vicina agli 1,8 miliardi di dollari, non ha preso contromisure. Il terzo e ultimo passo falso va preso con le pinze: poiché Svb ha improntato la propria strategia sugli investimenti a lungo termine, non ha avuto l’obbligo di fornire i resoconti tipici degli istituti che lavorano sul breve termine e quindi la Sec non aveva strumenti per monitorare la situazione in tempo pressoché reale. Questo scenario divide in due la platea di tecnici ed esperti: secondo alcuni la Sec ha una parziale responsabilità, secondo altri deve essere messa sotto accusa a causa del monitoraggio blando. Questo però non cambia il risultato che è sotto gli occhi di tutti.

Il risultato e i mercati finanziari

Al fallimento Svb ha fatto seguito quello di Signature Bank e ciò ha contribuito a gettare benzina sul fuoco. Il presidente americano Joe Biden ha tranquillizzato la Nazione ma la sua voce non è stata ascoltata. Al di là dell’Oceano, il Commissario europeo per gli ffari economici e monetari, Paolo Gentiloni, ha fatto la stessa cosa ottenendo il medesimo risultato.

La situazione è persino grottesca: Svb, sedicesima banca americana, è una banca locale. Il suo fallimento sta facendo tremare i mercati di tutto il mondo.

Non c’è una logica apparente tra causa ed effetto e, soprattutto, non c’è parere autorevole che venga ritenuto affidabile giacché quando le autorità preposte non fanno il loro lavoro, la voce di altre autorità perde valore.

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