Residenza fiscale e domicilio, cambiano le regole (anche per smart working): la guida

Le nuove regole sono in vigore dal primo gennaio 2024 per le società e gli enti aventi l’esercizio coincidente con l'anno solare

Residenza fiscale e domicilio, cambiano le regole (anche per smart working): la guida

Con la circolare n. 20/E, pubblicata lunedì 4 novembre, l’Agenzia delle Entrate illustra gli effetti delle modifiche introdotte dal Decreto fiscalità internazionale (Dlgs n. 209/2023) in materia di residenza fiscale delle persone fisiche, delle società e degli enti, in vigore dal 2024.

L'entrata in vigore

Le nuove regole sono in vigore dal primo gennaio 2024 per le società e gli enti aventi l’esercizio coincidente con l'anno solare, mentre per quelli per cui l'esercizio non coincide con l'anno solare la nuova determinazione della residenza è efficace dal periodo successivo a quello in corso al 29 dicembre 2023.

La residenza

"Sono residenti in Italia le persone fisiche che per la maggior parte dell’anno hanno il domicilio nel territorio dello Stato: sviluppano cioè le relazioni personali e familiari in via principale nel nostro Paese" è il primo punto. Le modifiche introdotte, volte anche a garantire maggiore certezza giuridica, sono di grande rilevanza, poiché incidono sul radicamento della residenza fiscale in Italia, presupposto fondamentale per il nostro ordinamento, basato sul principio della tassazione del reddito mondiale.

Cambia il concetto del domicilio

Il primo sostanziale cambiamento riguarda il domicilio, come spiega l'Agenzia delle entrate in una nota. il Decreto ha sostituito il rinvio alla definizione civilistica con una nuova nozione che vale ai fini fiscali, secondo cui: “per domicilio si intende il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona”. La circolare chiarisce che la nuova definizione privilegia le relazioni personali e familiari rispetto a quelle prettamente economiche, consentendo, di risolvere, a partire dal periodo d’imposta 2024, le incertezze venutesi a creare negli anni in virtù del rinvio nel previgente articolo 2 del Tuir al domicilio civilistico.

Viene inoltre specificato che nelle “relazioni personali e familiari” rientrano i rapporti tipici disciplinati dalle vigenti disposizioni normative (ad esempio il rapporto di coniugio o di unione civile), così come le relazioni personali connotate da un carattere di stabilità (ad esempio la convivenza). Anche la dimensione stabile dei rapporti sociali del contribuente può assumere rilievo, nella misura in cui risulti da elementi certi. Non vanno poi tralasciate le condotte con le quali una persona manifesta, con atti concreti, la volontà di mantenere un legame effettivo con il territorio italiano.

La novità per lo Smart Working

Il nuovo criterio della presenza fisica, precisa la circolare, è un requisito oggettivo, basato esclusivamente sulla presenza fisica di un soggetto nel territorio dello Stato italiano, a prescindere dalle relative motivazioni. Ciò significa che coloro che svolgono un'attività lavorativa nel nostro Stato, anche in smart working, e sono presenti per la maggior parte dell'anno sono da considerare fiscalmente residenti in Italia. Questo anche per chi non ha una presenza continuativa nel territorio dello Stato. Il conteggio (183 giorni in un anno o 184 giorni in caso di anno bisestile) terrà conto anche delle frazioni di giorno di presenza, seppur di breve durata.

L'iscrizione all'anagrafe

In relazione al criterio dell’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente, la circolare spiega che questo è stato rimodulato, acquisendo ora il valore di presunzione relativa (non più assoluta) di residenza fiscale in Italia, che può essere disapplicata laddove il contribuente sia in grado di dimostrare che, per la maggior parte del periodo d’imposta, non abbia configurato nessuno dei criteri alternativi - diversi da quello anagrafico - previsti dall'articolo 2, comma 2, del Tuir. Resta, invece, inalterata la presunzione di residenza in Italia per i cittadini italiani che si trasferiscono in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, prevista dal comma 2-bis dell’articolo 2 del Tuir.

Cosa cambia per enti e società

Secondo le nuove regole, evidenzia la circolare, sono considerati residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno nel territorio dello Stato la sede legale o la sede di direzione effettiva o la gestione ordinaria in via principale. Le novità introdotte attengono, in misura minore, alla residenza fiscale dei trust e degli istituti aventi contenuto analogo, interessata unicamente da una modifica di tipo probatorio.

È stata quindi modificata da assoluta a relativa la presunzione di residenza fiscale in Italia dei trust e degli istituti aventi contenuto analogo, istituiti in Stati che non consentono un adeguato scambio di informazioni, in cui almeno uno dei disponenti ed almeno uno dei beneficiari siano fiscalmente residenti nel territorio dello Stato. Con riferimento alle modifiche più significative apportate agli articoli 73 e 5 del Tuir, la circolare delinea i caratteri dei nuovi criteri di collegamento della residenza fiscale in Italia: la sede di direzione effettiva e la sede di gestione ordinaria in via principale.

A questo si affianca il criterio formale della sede legale, già presente nella disciplina previgente e rimasto immutato a seguito delle modifiche intervenute. Continua altresì ad operare la regola dell’alternatività dei tre criteri, configurando la residenza fiscale in Italia anche la ricorrenza di uno solo di essi.

In sostanza, il presupposto della sede dell'amministrazione viene declinato nei concetti della sede di direzione effettiva e della gestione ordinaria in via principale e viene eliminato "l'oggetto principale" come criterio per stabilire la residenza.

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