![La ricetta liberale non può attendere](https://img.ilgcdn.com/sites/default/files/styles/xl/public/foto/2023/12/15/1702618294-aurelien-romain-db-q6rpfnbm-unsplash.jpg?_=1702618294)
Il crollo della produzione industriale (-7,1% nel mese di dicembre e addirittura -3,5% nel corso del 2024) deve indurre a qualche riflessione, anche in considerazione del fatto che il governo Meloni ha cercato di fare il possibile pur tra mille difficoltà per uscire da una stagione di elargizioni clientelari e spese facili. L'impegno dell'Italia sul fronte dei conti pubblici ha avuto apprezzamenti di vario tipo a livello internazionale, ma oggi si deve constatare che una cosa sono le finanze statali e cosa assai diversa è la situazione reale dell'economia produttiva.
Su questo fronte s'è fatto poco o nulla. L'Italia ha urgente bisogno di veder ridurre la pressione fiscale e cancellare intere biblioteche di norme che intralciano l'imprenditoria. Se non si comprende che la nostra prima emergenza è connessa al fatto che negli ultimi trent'anni non siamo cresciuti, non è possibile avere una politica all'altezza dei tempi.
Per giunta, il mondo sta cambiando velocemente. Un anno fa l'Argentina ha compiuto una svolta fondamentale e qualcosa di diverso, ma non del tutto irrelato, è accaduto in quella che resta l'economia più importante: gli Stati Uniti. Giorgia Meloni ha saputo abilmente accreditarsi quale interlocutrice privilegiata di Javier Milei e di Donald Trump, ma adesso è giunto il momento di passare dalle parole ai fatti, imprimendo una svolta sul piano delle politiche economiche.
È sempre più necessario, in effetti, che il tema dell'economia reale sia in cima alle preoccupazioni del governo. Per compiere questo cambio di passo è urgente però uscire dalle logiche variamente interventiste (e tipicamente europee) ed essere parte attiva dei cambiamenti in atto nel continente americano. C'è insomma bisogno di almeno un po' di Milei nelle scelte di ogni giorno dell'esecutivo; ed è indispensabile che cambi il rapporto con le istituzioni comunitarie, anche sull'onda di quanto è avvenuto Oltreoceano. In particolare, se il trumpismo segna il rigetto di quella cultura woke che intreccia politicamente corretto, dirigismo, nuove censure ed ecologismo radicale, è bene che pure in Europa si contestino i dogmi difesi dall'establishment culturale e sfruttati dai gruppi di pressione che traggono alimento da spesa pubblica e regolazione.
All'origine dei dati drammatici sulla produzione industriale ci sono vari fattori. Una Germania in ginocchio, ad esempio, comporta ovviamente rilevanti conseguenze sulle nostre imprese, dato che si tratta del nostro primo mercato estero. Ma quanto sta mettendo in difficoltà quell'economia spesso ha origini europee e quindi produce analoghi effetti sul nostro sistema. La «transizione verde» voluta da Bruxelles non ha soltanto fatto chiudere vari impianti Volkswagen, ma ha colpito duramente anche da noi.
Mettere al centro l'economia, per giunta, significa fare una scelta di campo: optando per le fasce più deboli della società e voltando le spalle a quanti non sembrano patire il presente declino. Perché è chiaro che i dati catastrofici della produzione automobilistica importano assai poco all'universo della sinistra ZTL, un tempo chiamata «gauche caviar» (la sinistra al caviale). Quando l'economia va male, il prezzo più alto è pagato soprattutto dai poveri. In fondo, così come nei loro comportamenti privati quanti hanno molti soldi sono disposti a spendere il doppio per lo stesso prodotto se ha un bollino «bio», nelle stesse scelte istituzionali essi sono ben disposti a sacrificare qualche percentuale del Pil per ridurre di 0,01 gradi la temperatura media.
La gerarchia delle preferenze di chi è povero è un'altra. Per lo stesso motivo per cui in Cina o in India ci si preoccupa molto meno del cambiamento climatico, quanti faticano a tirare avanti hanno altre priorità.
E ormai non si può più negare che le politiche europee dettate dall'ecologismo penalizzino i più deboli. Il governo deve allora mettere al centro delle proprie preoccupazioni le ragioni dell'economia e della crescita, proponendo un'idea di società del tutto alternativa rispetto a quella dei difensori dell'esistente.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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