
I guerriglieri del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk) hanno proclamato una tregua con la Turchia, rispondendo all’appello cruciale del loro leader detenuto, Abdullah Öcalan, che ha esortato il movimento a sciogliersi. "Per favorire la concretizzazione dell'invito del leader Apo a costruire una pace duratura e una società democratica, annunciamo un cessate il fuoco con effetto immediato", ha dichiarato il comitato esecutivo del PKK in un comunicato diffuso dall'agenzia di stampa Anf.
La smobilitazione del PKK in cambio di cosa?
Una smobilitazione che, tuttavia, ha un prezzo. Dal suo quartier generale di Qandil, in Iraq, il PKK ha affermato che le parole del loro leader sono segno di “un nuovo processo storico è iniziato in Kurdistan e in Medio Oriente”. La parola Kurdistan così espressamente pronucniata in un comunicato ufficiale, già di per sè esprime un significato politico che indubbiamente plasmerà il futuro prossimo. Pur dichiarando che “rispetterà e attuerà i requisiti dell'appello da parte nostra”, il Pkk ha sottolineato che “anche la politica democratica e le basi legali devono essere adatte al successo”. Il gruppo ha anche chiesto che "Apo" venga rilasciato dalla prigione di Imrali, situata nel Mar di Marmara, per dirigere ed eseguire personalmente un congresso del partito che porti i militanti a deporre le armi. Ora, dunque, la palla passa ad Ankara.
La fine delle ostilità annunciatz dal PKK potrebbe rappresentare una svolta cruciale per il governo turco, mentre il presidente Recep Erdogan e il suo alleato Bahceli lo considerano un'opportunità storica. Alcuni osservatori ipotizzano che questa mossa sia finalizzata a ottenere l'appoggio della comunità curda per prolungare il potere di Erdogan. Tuttavia, il PKK sottolinea che affinché la tregua sia efficace, è essenziale un quadro politico e giuridico adeguato. Nel frattempo, i combattenti curdi in Siria, legati all’organizzazione, hanno chiarito che il cessate-il-fuoco non riguarda la loro situazione, lasciando in sospeso l’evoluzione del conflitto nella regione.
L'appello accolto da Erdogan
Un giorno dopo l'appello di Öcalan, il presidente turco aveva accolto il gesto, descrivendolo come una "opportunità storica" per la pace. Nonostante questo, aveva ribadito che avrebbe “tenuto sotto stretta osservazione” il movimento per assicurarsi che i colloqui per porre fine all’insurrezione fossero “portati a una conclusione positiva”. "Quando la pressione del terrorismo e delle armi sarà eliminata, lo spazio per la politica nella democrazia si espanderà naturalmente", ha promesso Erdogan. Restano numerosi anche i nodi internazionali: il PKK, definito gruppo terroristico dalla Turchia, dagli Stati Uniti e dall'Unione Europea, ha condotto un'insurrezione armata dal 1984 con l'obiettivo di ritagliare una patria per i curdi, che rappresentano circa il 20% degli 85 milioni di abitanti della Turchia. Da quando Ocalan è stato incarcerato nel 1999, si sono verificati vari tentativi di porre fine allo spargimento di sangue, che ha causato la morte di più di 40.000 persone.
Il nodo degli altri gruppi affiliati al PKK
I precedenti tentativi di pace con il PKK si erano conclusi con un fallimento, l'ultimo dei quali risale al 2015. Il PKK ha dichiarato ieri di essere pronto a convocare un congresso come voleva Ocalan, ma "affinché ciò accada, deve essere creato un ambiente sicuro adatto" e ÖcalanOcalan "deve dirigerlo e guidarlo personalmente per il successo del congresso". Il vicino della Turchia, l'Iraq, ha accolto con favore l'appello, affermando che si tratta di "un passo positivo e importante verso il raggiungimento della stabilità nella regione".
Omer Celik, portavoce del partito di governo del presidente Erdogan, palesa un upgrade della richiesta: ha dichiarato che tutti i gruppi associati al PKK dovrebbero conformarsi all’appello. "Indipendentemente dal fatto che si chiamino PKK, YPG o PYD, tutte le ramificazioni dell'organizzazione terroristica devono autodissolversi", ha detto Celik, riferendosi alle Unità di Protezione Popolare curdo-siriane (YPG) e alla loro ala politica.
"Ci riferiamo alla completa liquidazione dell’organizzazione e dei suoi elementi in Iraq e Siria". Celik ha aggiunto: "Al punto in cui siamo arrivati oggi, dichiariamo che è giunto il momento di raggiungere l’obiettivo di una Turchia libera dal terrorismo".
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