Probabilmente, come scrive l'autorevole Wall Street Journal, la politica dei dazi inaugurata da Donald Trump è «la più stupida guerra commerciale della Storia». Un giudizio su cui è difficile non essere d'accordo.
Il punto, però, è che il Presidente americano ha il diritto e il potere di metterla in atto. Poi magari se ne pentirà perché anche gli USA non saranno immuni da conseguenze ma bisogna fare i conti con l'oggi e non con il domani e, quindi, l'Europa deve prepararsi ad affrontare il rischio visto che a quanto pare il Trump redivivo del secondo mandato ci mette un nano secondo a passare dalla teoria alla prassi.
Non si concede, né concede, un supplemento di riflessione: lo hanno provato a loro spese il Messico, il Canada e la Cina. Ma da un male, come dice il proverbio, può anche scaturire un bene e la Ue può avere l'occasione per dimostrare all'inquilino della Casa Bianca un dato di cui l'amico Donald dubita non poco: può offrirgli la prova che esiste.
Perché se non si può entrare nella mente del Presidente americano per convincerlo che la sua politica è una mezza follia, l'Europa ha la possibilità di dargli una risposta comune.
Proprio quello che non si aspetta Trump, il quale con lo schema dei dazi «asimmetrici» - cioè in percentuale diversa per ogni paese europeo a seconda della simpatia, della vicinanza politica o dell'insidia che una determinata economia porta all'industria americana - ha come primo obiettivo proprio quello di dividere l'Unione.
La risposta europea quindi deve essere una sola e deve coinvolgere tutti gli stati membri in un moto di solidarietà reciproca, lo stesso che la Ue esibì nel fronteggiare il Covid. Tradotto nella pratica questo impegno significa che non importa se verso l'Italia la politica dei dazi di Trump sarà lieve (grazie ai rapporti con la nostra Premier) mentre sarà dura con la Francia e ancor più con la Germania: i paesi europei dovranno rispondere allo stesso modo, dovranno condividere una strategia comune.
Se si decide di porre un dazio sulle auto USA, ebbene questo dovrà essere uguale dalla Svezia a Malta. Senza distinzioni e magari mettendo nel conto qualche sacrificio per quei paesi che pur essendo meno penalizzati dalla politica trumpiana dimostreranno il loro spirito unitario: non è detto che di fronte al fallimento del suo tentativo di dividere la Ue, infatti, Trump non li sottoponga a qualche rappresaglia.
Un rischio che potrebbe riguardare soprattutto l'Italia visti i rapporti tra la Meloni e Trump: se il presidente americano ci risparmiasse o magari ci tirasse solo un buffetto, non penso che sarebbe una bella idea infischiarsene di quello che farà agli altri partner lasciandoli al loro destino.
Sarebbe un grave errore: si romperebbe la solidarietà europea (quella che ci ha permesso di disporre delle risorse più alte per il Pnrr) e allora sarebbe meglio, visto che nella Ue comincerebbero a guardarci di sottecchio, candidarci a diventare il 51esimo Stato americano.
Per cui la Meloni deve tentarle tutte - usando la sua influenza oltreoceano e la sua bravura - per mediare, per riuscire ad individuare un compromesso per tutti gli europei. Alla fine, però, si troverà di fronte ad un bivio e la strada maestra sarà quella di condividere la risposta della Ue per rendere chiaro a tutti che l'Europa è una.
In fondo sarebbe il primo atto di un inedito sovranismo europeo, il primo passo nella logica
dell'Europe First che vagheggia Elon Musk. Anzi, sarà pure un modo per spiegare al miliardario che si è fatto politico, che l'Europa sarà ancora grande solo se sarà unita. Se ne renda conto lui e lo spieghi al suo amico Trump.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.