Un capitolo della guerra in Ucraina cominciato il 24 febbraio del 2022 volge al termine con il ritorno a Washington di Donald Trump. Quando verranno analizzati i primi (quasi) tre anni di conflitto ci si dilungherà, a ragione, sul supporto fornito dalla Casa Bianca guidata da Joe Biden e dai Paesi alleati che ha permesso a Kiev di resistere all'aggressione di Mosca. Meno conosciuto è però il contributo dato dal direttore della Cia William Burns che ha combattuto nell'ombra per impedire la realizzazione dei piani del Cremlino.
A dare merito del lavoro svolto dal responsabile dell’agenzia di Langley, che si appresta a cedere il testimone a John Ratcliffe, nominato da Trump, è il commentatore David Ignatius del Washington Post. Burns, scrive Ignatius, ha compiuto oltre una decina di visite in Ucraina recandosi persino sulle linee del fronte. Dopo averlo incontrato nell'occasione più recente, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha detto di essere "profondamente grato per il suo aiuto. Non riveliamo segreti ma restiamo in contatto”.
Per la penna del quotidiano Usa la guerra in Ucraina “è stata per molti versi la guerra di Burns, più di qualsiasi altro funzionario statunitense”. È stato infatti il capo della Cia ad avvertire il governo di Kiev condividendo informazioni di intelligence, a fine 2021, sull'inquietante ammassamento di truppe russe ai confini. Le sue spie non hanno mai abbandonato il Paese, neanche dopo l’avvio dell’"operazione militare speciale", e hanno continuato a passare dritte all’esercito ucraino per permettergli di colpire le truppe nemiche.
Quella con il regime russo non è comunque una battaglia nuova per Burns che incrocia le lame con Mosca sin dai tempi in cui ha prestato servizio nella Federazione, tra il 2005 e il 2008, come ambasciatore degli Stati Uniti. L’ex diplomatico di carriera conosce dunque molto bene il presidente Vladimir Putin che ha definito “un bullo da cui non dobbiamo farci intimidire”. Peraltro il capo delle spie Usa aveva già notato da ambasciatore i segnali di un futuro conflitto con la Russia. Quando Burns presentò le sue credenziali, Putin disse “voi americani dovete ascoltare di più. Non potete più avere tutto a modo vostro” e in un meeting successivo, nel 2008, dichiarò che “nessun leader russo potrebbe restare inerte di fronte ai passi verso l’adesione dell’Ucraina alla Nato” aggiungendo che l’Ucraina “non è nemmeno un vero Paese”.
Burns non ritiene probabile che il Cremlino sia pronto ad un accordo che non comporti una capitolazione di Kiev e per Ignatius quando il capo della Cia se ne sarà andato “nessuno nell’amministrazione Trump sarà in grado di sostenere la causa dell’Ucraina con la stessa esperienza o convinzione”.
Un elemento di speranza arriva però da una considerazione espressa nel 2014 da Burns, all’epoca vicesegretario di Stato, durante un incontro con Putin: (con la rivoluzione di Maidan) “siete riusciti a creare un senso ancora più forte di nazionalismo ucraino”. Una riflessione che ha trovato conferma sul campo nel corso degli ultimi anni del conflitto nell'Europa orientale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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