Il Qatargate, o Maroccogate se si considera esclusivamente il filone di indagine che vede Rabat quale protagonista, non riguarda solo gli italiani e la "cricca" guidata da Antonio Panzeri e Francesco Giorgi che secondo gli inquirenti belgi ha lavorato a favore del Paese nordafricano dietro pagamento di tangenti. La lente di ingrandimento degli investigatori, come del resto già anticipato da indiscrezioni della stampa greca, potrebbe essere proiettata su almeno sessanta eurodeputati.
Ma è anche la stessa politica a interrogarsi sul livello di influenza assunto dal Marocco in questi anni in Europa. E, in particolare, su una lunga serie di fondazioni e associazioni a Brxuelles che hanno ufficialmente il compito di avvicinare il vecchio continente con l'altra sponda del Mediterraneo. Gli occhi da questo punto di vista sono puntati anche su una rete franco-belga ben ramificata tra le istituzioni comunitarie.
La fondazione “dormiente”
Su Eurobserver da diversi giorni si osservano le dinamiche interne al parlamento europeo riguardante i rapporti con Qatar e Marocco. Se su Doha al momento si è scelta una linea più dura, precludendo l'ingresso nell'europarlamento delle società di lobbying vicine all'emirato, su Rabat invece la situazione sembra un po' diversa.
La settimana scorsa è stato infatti bocciato un emendamento, presentato dal gruppo La Sinistra nell'ambito di una mozione sul Qatargate, in cui veniva chiesta l'applicazione di “misure in linea con quelle applicate ai rappresentanti degli interessi del Qatar”. Ossia, precludere anche alle società pro Rabat l'ingresso nell'europarlamento ed evitare ulteriori influenze marocchine alla luce dei nuovi dati emersi nel Qatargate.
Un voto trasversale ha impedito di mettere Doha e Rabat sullo stesso piano. Circostanza probabilmente alla base della reazione qatariota delle scorse ore, con l'emirato che ha già minacciato l'Europa di mettere a rischio le forniture di gas. A votare contro la mozione sono stati sia alcuni deputati popolari, che di Socialisti e Democratici, oltre che liberali. Tra questi anche l'eurodeputata belga Frederique Ries.
Il suo nome, secondo Eurobserver, non è nuovo quando si parla di Marocco. Ha fatto parte infatti del direttivo di una fondazione denominata EuroMedA. Ries non è il solo ex membro illustre. Nell'elenco ci sono nomi come quello di Patricia Lalonde, deputata liberale francese. Così come di Gilles Pargneaux, ex eurodeputato francese socialista indicato addirittura come co fondatore della fondazione. L'altro fondatore è l'ex ministro della Sanità marocchino, Mohamed Cheikh Biadillah. Sempre nel board, figurava anche Ramona Manescu, ex ministro degli Esteri rumeno.
Una fondazione di peso quindi, nonostante essa venga indicata come “dormiente” dagli stessi analisti di Eurobserver. Il sito non è aggiornato da molto tempo, non si hanno notizie di attività svolte negli ultimi anni. Persino l'indirizzo mostra una certa “precarietà” della fondazione. Sarebbe infatti situata negli stessi uffici di Bruxelles della società di lobbying Hill+Knowlton Strategies.
Il peso della fondazione e della rete franco-belga
La fondazione ha avuto già nel 2018 un ruolo importante nell'orientare la linea del parlamento europeo a favore del Marocco. In quell'anno infatti, spiega Eurobserver, i suoi membri sono stati tra i principali protagonisti della firma del maxi accordo commerciale tra Marocco ed Unione Europea. Nulla di male, a prima vista, se non che gran parte di quanto previsto in quelle intese è stato bocciato dalla Corte Europea. Il motivo è dato dall'inclusione nell'accordo anche del Sahara Occidentale, regione rivendicata da Rabat ma la cui sovranità nell'area non è riconosciuta dall'Ue.
Evidentemente la pressione esercitata dai lobbisti vicini a Rabat è stata molto forte. La fondazione avrebbe giocato un ruolo importante in tal senso. Il suo attivismo è possibile spiegarlo soltanto con diretti collegamenti agli interessi di Rabat. E il fatto che ex membri del suo board abbiano contribuito nei giorni scorsi a evitare, a proposito del Qatargate, l'equiparazione tra Marocco e Qatar in seno all'europarlamento fa intuire che la fondazione è tutt'altro che dormiente.
Eppure, proprio nel 2018 il gruppo dei Verdi aveva presentato interrogazioni sul comportamento degli eurodeputati vicini a EuroMedA e sui motivi per i quali la fondazione non risultava iscritta nel registro delle società di lobbying a Bruxelles.
Interrogazioni a cui non sarebbero seguite, come sottolineato su IlMessaggero, delle risposte.Segno di come l'attività di lobbying spesso in Europa, e probabilmente non solo nei casi di Qatar e Marocco, cada in zone grigie. Se non, come emerso dalle recenti indagini, in vere e proprie attività corruttive.
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