Parigi ha accusato per giorni l'Italia di comportamento disumano. Lo ha fatto in relazione alla vicenda Ocean Viking, la nave dell'Ong francese Sos Mediterranée sbarcata nel porto di Tolone dopo il mancato ingresso nel nostro territorio. Ne è nato uno scontro politico tra l'Eliseo e Palazzo Chigi con pochi precedenti.
Ma adesso è la stessa Francia ad essere accusata di aver tenuto comportamenti disumani ai danni proprio dei profughi sbarcati da Ocean Viking. E a farlo sono stati alcuni dei migranti che erano a bordo di quella nave.
La testimonianza di un migrante maliano
Su Mediapart un ragazzo di nome Bamissa, originario del Mali, ha raccontato la sua avventura dopo essere sbarcato a Tolone. Un racconto fatto da Bamako, capitale del Mali. Questo perché Bamissa è stato rimpatriato dalle autorità francesi lo scorso 22 novembre, due settimane dopo essere arrivato a Tolone.
Il ragazzo infatti si trovava in una delle imbarcazioni raggiunte a ottobre da Ocean Viking. Una volta arrivato in Francia, assieme agli altri migranti sbarcati è stato inviato a Gens. Qui, all'interno di un albergo, il governo di Parigi ha istituito una zona di attesa internazionale. Un'area cioè in cui le autorità di frontiera hanno potuto analizzare le domande di asilo presentate dai migranti.
Formalmente quindi Bamissa e le altre persone sbarcate non sono entrate in territorio francese, in attesa del responso da parte dei giudici transalpini. La risposta alla domanda presentata da Bamissa è stata subito negativa. “Gli è stato rimproverato – ha dichiarato il suo avvocato sempre su Mediapart – di non avere elementi che permettevano di corroborare ciò che diceva. Ma il mio cliente era su un'imbarcazione. È normale che non avesse alcun documento con lui”.
Domanda respinta quindi e rimpatrio immediato. Per come annunciato in quegli stessi giorni dal governo francese, travolto dalle critiche dell'opposizione di Marine Le Pen dopo lo sbarco di Ocean Viking.
Secondo Bamissa però, la modalità di espatrio è stata tutt'altro che umana. Il ragazzo, nella sua testimonianza resa a Mediapart, ha raccontato cosa è successo il 22 novembre. “Era un martedì – ha dichiarato – e di notte i poliziotti sono venuti a dirci che partivamo per Parigi. Quando abbiamo chiesto loro il motivo, ci hanno risposto che eravamo liberi e che andavamo a Parigi perché c'erano più alberghi e una vita migliore per noi”.
Un inganno quindi perché, poco dopo, è arrivata sia per Bamissa che per un altro connazionale presente con lui un'amara sorpresa. Gli agenti li hanno ammanettati poco prima di salire sull'aereo. “Quando ci hanno ammanettato davanti alla macchina – ha proseguito Bamissa nel suo racconto – ho capito che stava accadendo qualcosa”.
I due maliani effettivamente stavano andando a Parigi, ma non per rimanerci. Ad attendere loro all'aeroporto della capitale francese c'erano altri agenti di frontiera. “Uno di loro – ha raccontato ancora Bamissa – ci ha chiesto se conoscevamo la nostra destinazione e abbiamo risposto: Parigi. Lui, invece, ci ha comunicato che saremmo andati a Bamako”.
Imbarcati per il primo volo con destinazione la capitale del Mali, i due sono arrivati nel Paese di origine. Bamissa ha lamentato di essere stato lasciato allo sbaraglio e ora prova a sopravvivere ospitato da un amico.
Due pesi e due misure
La Francia aveva necessità di dimostrare subito di saper e poter rimpatriare chi non aveva titoli per rimanere. Macron in quei giorni è stato oggetto di critiche molto aspre, provenienti non solo dal mondo politico ma anche dalla società civile. La stessa reazione eccessivamente nervosa avuta dall'Eliseo contro il governo di Giorgia Meloni ne è un'ulteriore dimostrazione.
Tuttavia è da sottolineare come i rimpatri in questione siano avvenuti con un vero e proprio inganno. Il tutto mentre il ministro dell'Interno francese, Gérald Darmanin, in quelle stesse ore continuava ad accusare l'Italia di aver tenuto comportamenti disumani e non consoni al diritto internazionale.
Di quei respingimenti peraltro, come fatto notare su Libero, lo stesso ministro se n'è vantato in parlamento.
“Lei fa finta di non vedere ciò che fa il governo francese – ha dichiarato il 22 novembre Darmanin, rispondendo a un'interrogazione presentata da una deputata di Rassemblement National – Ha dato prova di umanità accogliendo questa imbarcazione, ha fatto rispettare il diritto internazionale, e, da questa mattina, ha iniziato a espellere alcune persone: proprio oggi è partito un aereo verso il Mali”.Sorge quindi, al di là delle considerazioni sull'episodio e sulle ambiguità francesi, una precisa domanda: e se fosse stata l'Italia ad applicare simili modalità di rimpatrio, come sarebbe andata a finire?
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