La battuta d'arresto accusata nell'ultimo Consiglio Europeo non sembra aver ridimensionato le ambizioni di Ursula Von Der Leyen sul patto per i migranti. Intervenuta a Madrid, in occasione della conferenza stampa di presentazione del semestre di presidenza spagnolo dell'Ue, il capo della Commissione europea non ha dubbi sul futuro della riforma relativa all'immigrazione. "Si farà - ha detto in presenza del premier spagnolo Pedro Sanchez - manca solo un ultimo sforzo".
Le parole di Von Der Leyen
Forse quello del presidente della Commissione europea è un "ottimismo di facciata". Raramente il capo di un esecutivo in carica ha interesse ad ammettere il fallimento di una riforma. Per Von Der Leyen chiudere il suo mandato (che scade nel 2024) con un nuovo patto su migranti e immigrazione è un obiettivo importante. Vorrebbe dire poter scrivere il proprio nome su una riforma attesa nel Vecchio Continente da almeno 32 anni. Da quando cioè, all'indomani dell'approvazione del trattato di Dublino del 1991, quel testo ancora in vigore presentava già parecchie lacune.
Appurato quindi che Ursula Von Der Leyen ha tutto l'interesse a non vedere definitivamente accantonato il nuovo patto, ci sono però elementi oggettivi riscontrabili nelle sue parole che potrebbero spiegare il suo ottimismo. Tra rinvii, polemiche e accordi stretti all'ultimo minuto, il 9 giugno scorso si era comunque arrivati all'approvazione di una prima bozza di riforma.
Quel giorno in Lussemburgo i ministri dell'Interno dell'Ue hanno approvato due testi relativi al diritto di asilo e al sistema di accoglienza. All'interno, sono contenute le nuove norme basate in primo luogo sul principio della solidarietà obbligatoria. Un compromesso quest'ultimo volto a dare, da un lato, un sostegno ai Paesi di primo approdo come Italia, Spagna e Grecia e, dall'altro lato, a non rendere obbligatori i ricollocamenti.
Quei testi però erano stati approvati con una maggioranza qualificata. Polonia e Ungheria avevano espresso in quell'occasione il proprio voto negativo. Il 30 giugno invece, durante l'ultimo Consiglio, non si è raggiunta la tanto auspicata unanimità per sottoscrivere l'accordo e passare la palla al parlamento. Decisivo in tal senso il nuovo voto negativo di Varsavia e Budapest, timorose di ricevere comunque quote di migranti o di dover dare soldi in cambio del no all'accoglienza.
Tuttavia, a Bruxelles si sta lavorando per superare quello che sembra davvero l'ultimo scoglio prima del semaforo verde. "Abbiamo fatto progressi positivi sulla proposta legislativa sul nuovo Patto Ue sulla migrazione e l'asilo - ha dichiarato Ursula Von Der Leyen - e ora dobbiamo fare l'ultimo sforzo per adottarlo entro la fine di questo mandato".
Nelle sue parole, Von Der Leyen è apparsa ottimista soprattutto riguardo agli accordi con i Paesi di transito e di origine dei flussi migratori. Un punto sul quale invece tutti i 27 governi dell'Ue sembrano essere d'accordo. "Dobbiamo continuare il lavoro anche a livello operativo - ha proseguito il capo della commissione europea - sviluppando partenariati per investire nella stabilità economica dei Paesi chiave di origine e transito dei migranti".
La pressione su Varsavia e Budapest
L'aiuto allo sviluppo da fornire ai Paesi terzi di origine delle partenze vede il benestare dei vari esecutivi e già nelle settimane scorse, con la visita di Von Der Leyen, Giorgia Meloni e del premier olandese Rutte a Tunisi, ha trovato una prima applicazione. Con la Tunisia, Paese osservato da vicino dall'Italia per via della complicata situazione interna, quale banco di prova di questa strategia.
Il vero scoglio è quindi legato al "No" di Polonia e Ungheria alla solidarietà obbligatoria. Il premier polacco e quello ungherese, nonostante una mediazione di Giorgia Meloni poco prima della fine dei lavori del Consiglio, non hanno cambiato idea. Né sembrano volerlo fare nelle prossime settimane. Le parole di Von Der Leyen sono volte quindi a mettere pressione su Varsavia e Budapest affinché si possa lavorare per un compromesso.
Durante il semestre spagnolo, in particolare, si potrebbe arrivare a superare le
ultime resistenze e quindi completare l'iter della riforma entro le elezioni europee del 2024. Una corsa contro il tempo in salita, molto difficile ma non impossibile. E che da Bruxelles si dicono convinti di poter chiudere.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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