Nuovo accordo sui migranti: ecco cosa prevede

Le novità prodotte dall'accordo approvato ieri in Lussemburgo e le perplessità che riguardano l'Italia e non solo

Nuovo accordo sui migranti: ecco cosa prevede

Alla fine l'accordo è arrivato. La lunga maratona iniziata giovedì mattina in Lussemburgo, non è stata vana: il consiglio degli Affari Interni dell'Ue ha partorito la riforma sulla gestione del fenomeno migratorio. Questa di per sé è già una notizia. Tentativi di introdourre un nuovo patto sull'immigrazione andavano avanti da quasi un decennio. Non è però tutto oro quello che luccica. Per giungere a un accordo sono stati necessari importanti compromessi che peraltro non sono riusciti a far raggiungere l'unanimità nella votazione finale. Polonia e Ungheria hanno votato contro, Malta, Slovacchia, Lituania e Bulgaria si sono astenute. Se la riforma è passata, è solo grazie al meccanismo di votazione a maggioranza qualificata.

Le novità previste dall'accordo

La riforma complessiva sulla gestione dell'immigrazione in Europa prevede l'introduzione di due testi legislativi, da sottoporre adesso all'Europarlamento. Il primo testo riguarda il regolamento sulle procedure di asilo (Apr), l'altro invece il regolamento sulla gestione dell'asilo e dell'immigrazione (Ammr). Quest'ultimo appare il più importante. Così come si legge sul sito del Consiglio Europeo, in caso di approvazione da parte del parlamento di Strasburgo andrà a sostituire l'attuale trattato di Dublino. Il documento cioè con cui fino ad oggi è stata regolamentata la gestione dei migranti e dei richiedenti asilo.

"L'Ammr - si legge nel comunicato ufficiale del Consiglio - stabilisce inoltre un nuovo meccanismo di gestione e solidarietà della migrazione che assicurerebbe una distribuzione più uniforme dei migranti in tutta l'Ue". Cosa si intende in questo caso per solidarietà? Il termine è stato al centro di aspri dibattiti fino alle ultime ore prima del via libera alla riforma.

I Paesi del sud Europa, tra cui l'Italia, hanno insistito su una maggiore solidarietà da parte europea per via della maggiore esposizione ai flussi migratori. I Paesi del nord Europa e dell'area Visegrad non hanno però mai accettato l'idea di applicare, in nome del principio di solidarietà, la redistribuzione obbligatoria dei migranti. Il compromesso ha quindi dato vita a un regolamento che prevede sì una solidarietà obbligatoria, ma non invece l'obbligo di farsi carico di migranti ricollocati.

Il Paese che non accetta il ricollocamento, deve versare una cifra di ventimila Euro per ogni migrante non ricollocato. Si tratta di somme che vengono fatte poi confluire in un fondo comune europeo, il quale servirà per finanziare progetti nei Paesi terzi con cui sono stati raggiunti accordi di cooperazione per la gestione del flusso migratorio.

Ogni anno, in base all'Ammr, potranno essere ricollocati un massimo di trentamila migranti dai Paesi di primo approdo ad altri Paesi meno esposti agli sbarchi. A chiedere l'avvio della procedura di ricollocamento dovrà essere il governo che ritiene di aver subito un incremento di flussi migratori. Se in un determinato anno non si raggiungerà la quota di trentamila migranti ricollocati, allora il Paese che ha chiesto la procedura di solidarietà avrà diritto a misure di solidarietà di "secondo livello". Queste ultime prevedono la presa in carico, da parte di un Paese meno esposto ai flussi, di una domanda di asilo da parte di un migrante che sarebbe dovuto essere ricollocato.

Le nuove procedure di asilo (Apr) hanno introdotto invece la cosiddetta "procedura di frontiera". Si tratta di nuovo meccanismi che, come sottolineato nel comunicato finale del Consiglio, prevedono uno snellimento delle procedure a partire dalla durata della presa in esame della domanda di asilo. Quest'ultima non deve andare oltre i 12 mesi. Un Paese a cui viene riconosciuto il diritto all'accesso alle procedure di solidarietà previste dall'Ammr, sarà esentato dalle procedure di frontiera.

Le soluzioni esterne

Un'importante novità della riforma approvata ieri, riguarda il riconoscimento delle cosiddette "soluzioni esterne". Ossia procedure che riguardano i rapporti con Paesi terzi o con Paesi di origine dei flussi migratori. Non a caso, le somme elargite dagli Stati che non accettano la redistribuzione saranno collocati in un fondo che finanzierà attività di cooperazione con Paesi terzi. Non solo, ma è stata prevista la possibilità di trasferimenti di migranti verso Paesi esterni all'Ue, ritenuti però idonei ad accogliere i migranti.

È forse questa la svolta più significativa, non prevista nelle precedenti bozze di riforma. "Si tratta di un compromesso che non lede il quadro giuridico internazionale - ha precisato il ministro dell'Interno italiano Matteo Piantedosi - si istituisce il principio che sarà lo Stato membro a decidere con quali Paesi stabilire accordi".

L'Italia ad esempio sta portando avanti intese con la Tunisia sia per il contrasto ai trafficanti e sia per attività di cooperazione volte a prevenire l'aumento dei flussi migratori. Il tutto anche con la collaborazione della commissione europea. Non a caso è stata annunciata per i prossimi giorni una missione di Giorgia Meloni a Tunisi assieme al presidente della commissione, Ursula Von Der Leyen.

Le perplessità

Come detto, non tutti sono d'accordo. Ungheria e Polonia hanno votato contro. Varsavia ritiene che la norma sul pagamento di 20mila Euro per ogni migrante non accolto costituisca una vera e propria sanzione. Budapest invece teme di dover accollarsi "con la forza", coma dichiarato dal premier Viktor Orban, i migranti ricollocati.

Ma è chiaro che sussistono perplessità anche da parte italiana. Lo stesso Piantedosi ieri non ne ha fatto mistero, pur confermando la soddistazione per il recepimento delle istanze presentate da Roma e che hanno indotto l'Italia a votare a favore della riforma. Sotto osservazione le nuove procedure di frontiera, le quali rischiano di dare paradossalmente maggiori responsabilità ai Paesi di primo approdo e a quelli che si affacciano sulle frontiere esterne dell'Ue.

Il vero nodo poi riguarda l'applicazione dei due documenti approvati. Per adesso si tratta di norme scritte sulla carta e che devono ancora passare al vaglio del parlamento europeo.

Una volta approvate definitivamente, in che modo saranno materialmente applicate? Come gli Stati membri si attrezzeranno per far passare dalla carta alla realtà i nuovi regolamenti? Domande a cui, almeno per il momento, appare molto difficile trovare una risposta.

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