Stallo sui migranti: cosa sta succedendo al Consiglio europeo

Polonia e Ungheria si oppongono all'ipotesi ricollocamento sui migranti nonostante i tentativi di mediazione proposti dagli altri Paesi

Stallo sui migranti: cosa sta succedendo al Consiglio europeo
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I lavori del Consiglio europeo di ieri si sono arenati sul nodo dei migranti. Polonia e Ungheria hanno tenuto le proprie posizioni e, prendendo la parola, hanno confermato la contrarietà all'accordo raggiunto nel vertice dei ministri degli Interni, al quale avevano già dato voto contrario. Avanza l'ipotesi che il dossier venga escluso dalle conclusioni finali del vertice dopo l'opposizione espressa dai due Paesi Visegrad, che costringerebbe il Consiglio ad adottare una scappatoia diplomatica per uscire dall'impasse generatosi. Nel frattempo, Emmanuel Macron è costretto a lasciare Bruxelles per fare rientro in Francia e seguire la riunione di crisi convocata dopo la terza notte di violenze. Sarà rappresentato per il resto della giornata di lavori dal cancelliere tedesco Olaf Scholz.

La mediazione fallita

Durante la notte sono state numerose le proposte di mediazione che sono state messe sul tavolo nel tentativo di raggiungere una quadra, ma i leader di Polonia e Ungheria hanno sempre rifiutato il compromesso. Secondo fonti interne a Bruxelles, quelle di Varsavia e Budapest sono posizioni politiche che, in quanto tali, prescindono da qualunque proposta possa essere avanzata. Se il dossier migranti dovesse essere escluso dalle conclusioni finali, il Consiglio potrebbe adottare un escamotage, inserendolo nelle conclusioni della presidenza. Una soluzione diplomatica per superare lo stallo e poter proseguire i lavori del Consiglio, che tra gli altri prevedono la discussione sui negoziati con la Cina.

Orbán alza le barricate

In un'intervista a Kossuth Radio, il premier ungherese Viktor Orbán ha dichiarato che stanotte al Consiglio europeo "era in corso una guerra sull'immigrazione". Il nodo principale sul quale i due Paesi Visegrad hanno fatto barricate è la proposta sulle quote obbligatorie di migranti per ogni Stato. Nella sua intervista, Orbán ha ricordato che le conclusioni dei vertici passati, secondo cui le decisioni in materia sarebbero state prese con il consenso degli Stati. Invece, in questo caso, il premier ungherese afferma che la decisione sia passata con il consenso dei ministri dell'Interno, con quello che lui definisce "un colpo di mano". La decisione è stata comunque presa all'interno dei paletti del regolamento Ue, che prevede l'approvazione a maggioranza qualificata e non solo all'unanimità.

L'accordo raggiunto dai ministri dell'Interno l'8 giugno prevede procedure più rigorose nell'elaborazione delle domande di asilo e la possibilità, per i Paesi che non vogliono accettare le loro quote di ricollocamento dei migranti, di versare dei soldi in un fondo comune dell'Ue.

Mateusz Morawiecki e Viktor Orbán hanno assunto una posizione politica sul caso e creato uno stallo ai lavori ma nonostante la contestazione l'intesa al momento resta valida. Il primo ministro del Belgio, Alexander De Croo, ha elogiato i tentativi di Giorgia Meloni di mediare con Polonia e Ungheria, ma al momento superare questo stallo resta abbastanza complicato.

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