A Napoli è rivolta contro lo Stato

Lancio di oggetti contro la polizia, tangenziale bloccata. La protesta per la morte di Davide diventa scontro

A Napoli è rivolta contro lo Stato

Napoli - È finito con scontri il corteo per protestare contro la tragica fine di Davide Bifolco (ucciso giovedì notte da un carabiniere al Rione Traiano). Era presente anche la madre del giovane, che si è sfogata «il carabinieri che l'ha ucciso marcisca in carcere, non deve avere un momento di pace per tutta la sua vita». Al termine della manifestazione circa duecento persone hanno bloccato via Cinthia nel punto in cui era avvenuta la tragedia. I dimostranti hanno scagliato al centro della strada alcuni cassonetti, poi hanno lanciato dei sassi contro le «divise». Un funzionario della Digos è stato malmenato da uno dei manifestanti ma in modo lieve. Le migliaia di auto ferme nel traffico hanno finito per costituire anche un «tappo» al vicino ingresso della tangenziale. Per il momento non ci sono arresti ma, la polizia visionerà i filmati per cercare di identificare i partecipanti ai disordini.

Intanto ci si chiede: ma quanti testimoni vivono al Rione Traiano? Cento? Mille? No, molti di più. Da due giorni è un via vai di cittadini che sfilano davanti ai taccuini dei cronisti e alle telecamere, per farsi intervistare sui fatti di giovedì notte, quando un appuntato dei carabinieri (indagato per omicidio colposo) ha ucciso Davide Bifolco, 17 anni, fuggito in moto all'alt dei militari, con il latitante Arturo Equabile e il pregiudicato Salvatore Triunfo.

Uno di questi presunti testimoni è Vincenzo Ambrosio, amico di Bifolco che, ai cronisti ha raccontato di essere lui il terzo ragazzo della moto. Lui e non Arturo Equabile come sostenuto dai carabinieri. «Non c'era nessun latitante in moto con Davide e Salvatore. Ero io a guidare: sono scappato perché non ho né la patente né l'assicurazione». A quando l'interrogatorio di Ambrosio? Poche ore prima del drammatico sparo, Equabile era già stato sorpreso poco lontano da casa mentre entrava in un'auto, dove si trovavano altri due uomini. All'alt dei militari il conducente della vettura aveva accelerato e ne era nato un inseguimento durante il quale qualcuno aveva lanciato dal finestrino un pacchetto. Dentro una pistola calibro 357 Magnum. Accertamenti sono in corso per cercare di risalire al proprietario dell'auto. Poi, intorno alle 2, i carabinieri, con l'appuntato che ha sparato accidentalmente (che aveva continuato a lavorare, anche se il suo turno era terminato a mezzanotte), vanno a casa di Equabile per un controllo. Mentre stanno lasciando l'edificio vedono il latitante saltare a bordo della moto, per darsi alla fuga. Inseguimento e il tragico sparo.

Sui fatti del Rione Traiano il segretario della Lega, Matteo Salvini, ha ricordato che «fermarsi all'alt dei carabinieri é un obbligo». Invece, l'ex giustizialista Luigi De Magistris, da sindaco di Napoli ha espresso solidarietà ai familiari di Bifolco. «Siamo vicini alla sua famiglia in queste ore drammatiche».

Neppure una parola invece, nei confronti dell'appuntato.

Il presidente della Regione Campania, Stefano Caldoro ha sostenuto che questo «é anche il momento per confermare la stima e il rispetto per il lavoro che fanno tanti ragazzi dei carabinieri e della polizia, nelle forze dell'ordine. C'è l'impegno di questi giovani tutti i giorni per difendere lo Stato e la nostra sicurezza con dedizione».

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