L'Africa di Francesco non è una cartolina ma un calcolo politico

Il cristianesimo africano, specialmente nella sua versione cattolica, è maggioritario, è demograficamente giovane e soprattutto corre come un treno ad alta velocità. Mentre la vecchia Europa svende le sue chiese, laggiù se ne aprono di nuove a vista d'occhio. Ora come ora, l'Africa per il cattolicesimo rappresenta il futuro, e il Papa lo sa

Bergoglio apre la Porta Santa del Giubileo a Bangui (Rep. Centrafricana)
Bergoglio apre la Porta Santa del Giubileo a Bangui (Rep. Centrafricana)

Leggendo i titoli dei giornali occidentali si cava l'impressione che, sul terrorismo, il Papa in Africa abbia pronunciato una simil-boldrinata: terrorismo come frutto di povertà e disperazione. Noi europei sappiamo invece che i terroristi di casa nostra sono istruiti, talvolta laureati, in ogni caso pasciuti dal nostro welfare. E che il loro patriarca, Osama, era un miliardario. Ma si dimentica che il Papa parlava agli africani, e laggiù il gruppo Boko Haram tanto per dirne uno - recluta personale promettendo vitto e alloggio e uno stipendio fisso, cose che in troppi da quelle parti neanche si sognano. Quello è il continente dei bambini-soldato e dei continui massacri inter-etnici, un continente malato che continuerà a campare di flebo (estere) per chissà quanto.

Il Papa ha tuonato anche contro la corruzione, e mai luogo è stato più azzeccato per invettive del genere. Il principale problema degli africani, infatti, è costituito dai loro capi, capi che loro stessi continuano a scegliere con criteri tribali mascherati da elezioni democratiche. Se da noi il politicamente corretto e la lagna terzomondista impediscono di vedere le cose come stanno (perché per il radical-chic la colpa è sempre dei ricchi e dei bianchi), i vescovi locali conoscono bene la situazione, ed è da loro che il Papa viene puntualmente informato.Tre forze attualmente si contendono l'Africa: il cristianesimo, l'islam e i soldi cinesi. Ma quella che registra i maggiori incrementi è la prima.

Il cristianesimo africano, specialmente nella sua versione cattolica, è maggioritario, è demograficamente giovane e soprattutto corre come un treno ad alta velocità. Mentre la vecchia Europa svende le sue chiese, laggiù se ne aprono di nuove a vista d'occhio. Ora come ora, l'Africa per il cattolicesimo rappresenta il futuro, e il Papa lo sa. Per questo è stata una mossa indovinata anzi, doverosa - aprire l'Anno Santo proprio nel Continente nero.Non solo. Le maggiori resistenze alle paventate «aperture» sinodali verso i gay e i divorziati sono venute dall'episcopato africano, che ha dimostrato una compattezza e una competenza dottrinale sorprendenti. Noi qui abbiamo gente che muore pur di non rinnegare Cristo hanno detto in pratica - e dovremmo perdere tempo a discutere di un pugno di divorziati europei che «soffre» perché non può fare la comunione? Noi qui hanno aggiunto - abbiamo giovani capaci di prendere decisioni definitive come diventare kamikaze, figurarsi se non sono in grado di impegnarsi in un matrimonio indissolubile.Per tutto questo, l'Africa merita un'attenzione particolare da parte del Pontefice, cosa che non è sfuggita a Papa Bergoglio.

A detta di tutti i prelati e i commentatori di cose vaticane, ci ha tenuto fortemente a questo viaggio e lo ha affrontato alla garibaldina, da par suo, sfidando il momento (nel clima parossistico creato dagli attentati di Parigi) e i consigli di prudenza (infatti, non ha voluto blindarsi in una papamobile chiusa). L'Africa, oggi come oggi, è il continente più rocciosamente fedele al cattolicesimo, e mai come ora è stato altamente probabile che il prossimo Papa venga proprio da là.

Si può dire senza paura di esagerare che questo viaggio Francesco glielo doveva. Anche con l'aggiunta dell'inaudita inaugurazione fuori Roma del Giubileo. Che sarà ricordato come «straordinario» anche per questo. Rino Cammilleri

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