«Sarà la mia ultima battaglia, andrò fino in fondo». Dalla propria cella di massima sicurezza, Alfredo Cospito lo ha giurato a tutti. Nel carcere di Bancali, frazione di Sassari, l'anarchico che ha militato tra le file della Fai (Federazione Anarchica Informale) sta digiunando a oltranza contro l'applicazione nei suoi confronti del 41-bis e contro la possibilità che la sua condanna a vent'anni di reclusione possa trasformarsi in ergastolo ostativo. Ovvero, la prigione senza benefici penitenziari. La protesta silenziosa prosegue da oltre ottanta giorni, non senza l'apprensione dei medici che monitorano lo stato di salute dell'attivista pescarese, intenzionato a usare il proprio corpo - ormai deperito - come un'arma. L'unica a sua disposizione. Così, pur non potendo comunicare con nessuno o quasi, Cospito è riuscito a sollevare un dibattito pubblico sulla propria vicenda e in particolare sulla proporzionalità della pena inflittagli. Il regime del 41-bis, infatti, prima d'ora non era mai stato applicato nei confronti di un anarchico, ma solo ai capi e dei clan mafiosi e ai terroristi. La norma, del resto, è stata pensata per evitare che i vertici delle organizzazioni criminali possano comunicare con gli affiliati all'esterno del penitenziario. Nel caso di Cospito, i giudici avevano optato per il carcere duro ritenendo che l'attivista fosse capace di spingere i movimenti anarchici verso nuovi atti criminali, indicando anche i potenziali obiettivi da colpire. Lui però ha sempre negato. «Sono un anarchico e, per definizione, l'anarchia non ha una struttura formale. Non ho reti cui impartire ordini. Noi combattiamo lo Stato ma non ci sono legami di questo tipo, per questo non merito il 41 bis», ha comunicato dalla propria cella, come riportato da Repubblica.
Contro l'applicazione del carcere duro, i legali del 55enne avevano fatto reclamo al Tribunale di Sorveglianza di Roma, che aveva però respinto la richiesta proprio a fronte dell'ipotesi che il detenuto potesse continuare a esercitare «il suo ruolo apicale» nella Fai anche da dietro le sbarre. Il resto della storia è strettissima attualità. Ieri, infatti, i legali di Cospito hanno presentato un'istanza di revoca del 41-bis al ministro della Giustizia, Carlo Nordio. La richiesta è stata «fondata su fatti nuovi, non sottoposti alla cognizione del tribunale di sorveglianza di Roma». Nell'istanza si fa riferimento a «motivazioni di una sentenza depositata dopo la decisione del tribunale capitolino». Dunque, le sorti dell'uomo sono ancora in mano alla giustizia, alla quale è stato anche presentato un ricorso in Cassazione. E poi c'è il piano politico. Nelle scorse ore, prima che venisse chiamato in causa il ministro Nordio, alcuni deputati Pd guidati dall'ex guardasigilli Andrea Orlando avevano fatto visita al detenuto, verificandone le precarie condizioni di salute. E anche da Rifondazione Comunista, Verdi e Sinistra Italiana si era levato un appello in suo sostegno.
La vicenda resta divisiva, complessa nelle sue sfaccettature. Intanto negli ambienti anarchici continua a montare la tensione. «41bis tortura di Stato, Cospito libero», si legge sugli striscioni che da settimane spuntano nei blitz organizzati a sostegno dell'insurrezionalista.
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