Da abolire la povertà ai soldi senza criterio

Dal reddito di cittadinanza dato a boss e finti indigenti ai bonus distribuiti senza controlli, le misure di sostegno del governo creano tensioni. Perché sono scritte male

Da abolire la povertà ai soldi senza criterio

La manovra messa in piedi dai 5 Stelle per pompare propaganda anti casta in vista del referendum sul taglio dei parlamentari mostra l'altro lato della medaglia: in fin dei conti a prendere i 600 euro sarebbero stati solo tre avidi su 630 deputati. Il pasticcio dell'indennità Covid però è molto più esteso al di fuori del Parlamento: il cosiddetto bonus per le partite Iva in difficoltà, costato allo Stato 7,7 miliardi, è stato erogato in base a norme che non pongono limiti di ricchezza o di perdita di fatturato. E infatti già alla fine dello scorso aprile la trasmissione Piazza pulita intervistò un bancario che testimoniava di aver visto accreditare i 600 euro su conti in banca decisamente gonfi.

Tutto perfettamente legale, grazie a due leggi, il Cura Italia e il decreto Rilancio, pensate male e scritte male, come il Giornale ha denunciato fin dalla loro approvazione. «Noi commercialisti - dice Gianluca Timpone, che è anche docente di Politica economia presso l'Università europea di Roma- lo abbiamo denunciato subito: con norme scritte così era inevitabile una distribuzione a pioggia anche a favore di chi non aveva realmente bisogno. Eppure sarebbe bastato fissare dei limiti, senza bisogno di imporre controlli preventivi».

Il paradosso è che a mettere in piedi la manovra di propaganda agostana e a strillare più forte allo scandalo, sono quegli stessi parlamentari e ministri del M5s che hanno votato quelle norme insieme al resto della maggioranza giallorossa. E non è l'unica stortura di una politica che ormai da diversi anni ha fatto di bonus e mancette dal corto respiro un sistema di governo. Il risultato è che gli stessi grillini che nella notte di Capodanno del 2018 si affacciavano al balcone di Palazzo Chigi per millantare l'abolizione della povertà, hanno finito invece con il decretare l'arricchimento dei già ricchi. O, più in generale, di chi non meritava certo l'assistenza dello Stato.

In quindici mesi di erogazione del reddito di cittadinanza sono venute alla luce storie incredibili: a maggio 2020 si è scoperto che in un anno erano stati rintracciati 101 affiliati alla Ndrangheta con il sussidio. A Lanciano (Chieti) è stato scoperto un percettore del sussidio che possedeva 40 immobili. Casi isolati? Mica tanto, se si pensa che fino a giugno di quest'anno erano stati dichiarati decaduti dal diritti di ricevere il reddito quasi 145.000 cittadini, molti più dei 65.000 che hanno trovato un posto lavoro (e non grazie al sistema dei navigator).

Ma non solo: i giallorossi hanno approvato o confermato parecchi bonus senza limite di reddito: dal bonus per i 18enni fino a quello «Mamma domani». Tutti universali, tutti potenzialmente andati anche a famiglie facoltose. Scelte politiche legittime, ma che svelano l'ipocrisia di chi poi grida allo scandalo. «Purtroppo spesso le norme sono scritte male - accusa Timpone - e il sistema è pieno di falle. So di contribuenti che hanno ricevuto il bonus dei 600 euro sia dall'Inps che da una cassa professionale. Tanto gli enti non si parlano tra loro e i furbi la fanno franca». Più celebrazione della furbizia che abolizione della povertà.

Gli stessi deputati furbetti dello scandalo agostano potrebbero aver approfittato di questi buchi del sistema. In teoria infatti, chi era iscritto a una cassa di previdenza diversa dall'Inps doveva seguire un percorso diverso per i 600 euro. Una regola introdotta per distinguere i professionisti da collaboratori e piccole partite Iva parasubordinate.

I deputati probabilmente non hanno dichiarato di essere iscritti, oltre che alla gestione separata Inps, anche alla cassa di previdenza dei parlamentari. E l'ente diretto dal grillino Pasquale Tridico ha pagato senza notare la contraddizione. Salvo poi gridare allo scandalo.

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