Abuso d'ufficio, sì a revisione. Forza Italia: va abrogato

Le audizioni in commissione Giustizia della Camera. L'esperto: "Troppe storture paralizzano i Comuni"

Abuso d'ufficio, sì a revisione. Forza Italia: va abrogato
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L'abuso d'ufficio è un'arma politica e va abolito, come vorrebbero il ministro della Giustizia Carlo Nordio e Forza Italia. O quantomeno rivisto, come preferirebbero Fratelli d'Italia e Lega, anche per evitare le critiche di chi sostiene che così si violerebbero obblighi europei e internazionali nella lotta alla corruzione. Il vicepremier Matteo Salvini è convinto che entro fine mese il provvedimento verrà portato in Consiglio dei ministri, soprattutto dopo l'accelerazione impressa dalle audizioni di ieri in commissione Giustizia alla Camera in tema di abuso d'ufficio e traffico d'influenze illecite, che dovrebbero terminare giovedì prossimo. Ne è convinto anche il vicepresidente Pietro Pittalis (Fi), che con gli azzurri Roberto Pella e Cristina Rossello ha firmato la proposta di abrogare una fattispecie ingigantita e complicata per la sua generica formulazione. Mettendo in gioco l'operatività dei sindaci e i confini del loro ruolo, dicono gli esponenti di Forza Italia, anche in vista dell'entrata in vigore del nuovo codice degli appalti.

Cos'è oggi l'abuso d'ufficio? Uno spauracchio, un cartellino giallo che nelle piccole e grandi amministrazioni l'opposizione solleva davanti alla magistratura e all'opinione pubblica - ingiustamente, nella stragrande maggioranza dei casi, visto che si contano pochissime condanne e una serie imponente di proscioglimenti processuali o archiviazioni - per cui il solo sospetto di un qualsivoglia sconfinamento o eccesso di potere pubblico causa paralisi e rallentamenti nella pubblica amministrazione «che non possiamo più permetterci», dice Pittalis al Giornale, convinto che alla fine dentro la maggioranza si troverà una quadra, soprattutto dopo le sollecitazioni venute ancora ieri dai rappresentanti dell'Anci e da diversi sindaci che, sottolinea Forza Italia, «non riescono a lavorare per il proprio territorio in maniera serena per la paura della firma».

L'abuso d'ufficio, previsto sin dal 1930 dall'articolo 323, va a braccetto con il reato di «traffico di influenze illecite», previsto dall'articolo 346-bis, che ha complicato e non poco il quadro normativo, come dimostrano le difficoltà applicative del reato negli ultimi anni, con «ambiguità interpretative e contrasti tra le Sezioni della Corte Suprema di Cassazione», come ha sottolineato nella sua audizione l'avvocato Ivano Iai.

Più che il reato in sé, il problema è ciò che il grimaldello giudiziario nasconde: un'etica pubblica condizionata dal diritto penale, che grazie all'ambiguità strumentale con cui viene agitato il presunto «abuso d'ufficio» porta alla paralisi. Su appalti pubblici, contratti in scadenza da prorogare, servizi da garantire, basta una segnalazione e anche l'amministratore più onesto «perde fiducia, entusiasmo, financo vigore fisico e psichico», sottolinea Iai nel suo intervento. Basterebbe individuare meglio i profili penali da quelli amministrativi, anche perché a oggi i processi che ne sono scaturiti quasi mai hanno portato a delle condanne. Sempre colpa delle indagini fatte male dai pm? Più che altro colpa dell'indeterminatezza e dell'atipicità del reato, complicata dai troppi «innesti curativi» che quasi «attentano ai principi costituzionali di legalità e uguaglianza», è il ragionamento dell'avvocato Iai in commissione, audito assieme ai docenti di Diritto Luigi Stortoni (Alma Mater di Bologna), Gian Luigi Gatta (Statale di Milano) e all'ex Csm Piercamillo Davigo.

Ovviamente i grillini la pensano in modo diametralmente opposto. Le deputate M5S in commissione Giustizia Valentina D'Orso e Carla Giuliano lamentano che l'abrogazione «va contro la recente proposta di direttiva Ue contro la corruzione, colpirebbe la tutela della legalità e minerebbe i principi di rango costituzionale di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione».

Insomma, la partita - ancora una volta - è ideologica. Tra chi vuole accelerare l'azione amministrativa e chi, come le depuate grilline, è ossessionato dal «potenziale libero arbitrio di alcuni pubblici ufficiali a danno dei cittadini».

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