“Da oggi è chiaro che siamo in campo per vincere e la dinamica sarà positiva”. Enrico Letta, chiuso l’accordo con Carlo Calenda, è sicuro che il risultato finale delle prossime Politiche non sia scontato.
“La partita è sempre aperta, si chiude solo dopo il voto reale”, dice a ilGiornale.it il decano dei sondaggisti Nicola Piepoli che, però, rimane convinto che in questo momento i numeri favoriscano il centrodestra perché la vittoria sarà decisa dal risultato dei collegi uninominali. “Sono 1/3 del totale e molti sono concentrati sui territori di provincia più che sulle città e lì è avanti il centrodestra 60 a 40”, spiega il sondaggista. Dato che, stando all’intesa raggiunta ieri, al Pd va il 70% dei candidati e a Calenda va il 30%, sarà importante vedere quanti di questi collegi saranno recuperati grazie ai candidati di Azione. “Questo 30% com’è distribuito sul territorio nazionale? Sono collegi nelle città o nelle periferie?”, si chiede Piepoli che spiega: “il punto è capire dove conta Calenda” che, per esempio, alle ultime Comunali di Roma ha avuto un exploit del 20%. Il leader di Azione, dal punto di vista comunicativo, è molto forte in campagna elettorale “ma da qui a riuscire a far vincere la sinistra c’è un abisso”, sottolinea Piepoli.
Anche Alessandro Amadori, direttore scientifico di Yoodata, ritiene impensabile che il centrosinistra riesca a colmare uno svantaggio di dieci punti percentuali. “Se ci basiamo sulla media dei vari sondaggi, abbiamo il Pd che vale il 23% e Calenda il 6% più 3-4 punti percentuali delle formazioni minori e nella migliore delle ipotesi si arriva al 33-34%”, puntualizza Amadori che aggiunge: “Che Calenda possa risultare attrattivo per un ulteriore 10 punti percentuali mi sembra statisticamente improbabile”. A oggi, dunque, la partita non è riaperta, ma si è solo ridotta leggermente la distanza tra le due coalizioni: “Diciamo che quel che prima era un 3-0 è diventato un 3-1. Partita riaperta è un altro concetto”. Il 20% ottenuto alle Comunali di Roma è, quindi, una sorta di illusione ottica “perché all’epoca la Capitale aveva bisogno di un cambio di passo e di un outsider, mentre ora – spiega Amadori - non si capisce perché un elettore di destra dovrebbe votare il partito che fa parte di una coalizione in cui il Pd è dominante”. Le persone scelgono in base ai propri valori e solo in casi limitati, come quello di Silvio Berlusconi, votano per la persona. “Calenda, però, non è Berlusconi e lo si vota sulla base delle sue proposte e delle alleanze che stipula”, precisa Amadori che non vede all’orizzonte “una fuga di elettori di destra verso sinistra perché c’è Calenda”.
Maurizio Pessato dell’Istituto Swg dubita che Azione possa sottrarre molti voti al centrodestra perché, se è vero che alcuni dirigenti di Forza Italia sono passati con Calenda “si può ipotizzare che una nicchia di elettori possa seguirli, ma personalmente, ritengo che, in genere, lo spostamento di dirigenti sia solo uno spostamento dirigente”. Opinione comune un po’ di tutti gli esperti è che nulla sia ancora deciso dal momento che c’è un 40% di elettori incerti, un’affluenza sempre più bassa e una grande volatilità del voto. Detto questo, secondo Renato Mannheimer, “Il centrosinistra dovrebbe fare una campagna elettorale straordinaria per sovvertire il risultato anche perché è difficile che Calenda, da alleato del Pd, rubi voti al centrodestra”. Un simile ‘furto’ sarebbe stato più facile se il leader di Azione avesse puntato tutto solo sul partito di centro, ma alle condizioni attuali “è possibile, ma non probabile che il centrosinistra avanzi, mentre – sentenzia Mannheimer - è molto difficile che Calenda prenda il 10%”.
Se a questo si aggiunge il fatto che, qualora Sinistra Italiana e Verdi si presentassero alle elezioni insieme al M5S, il centrosinistra rischierebbe di perdere ben 14 seggi secondo l'ultima rilevazione di Youtrend. La partita, dunque, si riapre ma sempre a svantaggio del centrosinistra...- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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