NapoliTrentotto anni e dieci mesi dopo la strage di via Caravaggio, a Napoli (una intera famiglia di tre persone sterminata nella propria abitazione), ecco il clamoroso colpo di scena. L'esame del Dna sui reperti raccolti all'epoca sulla scena del massacro ha rivelato la presenza in quella casa di una persona, il cui nome e cognome erano conosciuti dagli investigatori già dai tempi del massacro. Ma è una beffa. Questa persona non potrà essere né indagata, né eventualmente processata. Si tratta, infatti, di un ex imputato, già processato e assolto in Cassazione. E, la legge prevede che non si possa procedere due volte nei riguardi di una persona assolta in via definitiva. Vale il principio del «ne bis in idem»: vietato processare due volte una persona (in caso di assoluzione) per lo stesso fatto.
L'ex imputato in questione è Domenico Zarrelli, oggi 75 anni, avvocato del foro di Napoli, laureatosi in Giurisprudenza mentre si trovava in carcere e appartenente ad una famiglia di professionisti molto nota in città. Zarrelli era il nipote di una delle vittime uccise nella notte fra il 30 e il 31 ottobre del 1975 in via Michelangelo da Caravaggio 78. Quella notte, con un corpo contundente (mai ritrovato) e un coltello, furono massacrati l'ex capitano della marina mercantile, Domenico Santangelo, la sua seconda moglie, Gemma Cenname, 50 anni, ostetrica di professione e la figlia Angela Santangelo, di 19. L'assassino si scagliò anche contro il cane dei Santangelo, Dick. I corpi delle vittime furono ritrovati solo l'8 novembre: alcuni familiari, preoccupati per la loro insolita assenza avvertirono la polizia. Marito e moglie e l'animale furono ritrovati nella vasca da bagno, Angela era nella sua cameretta.
In primo grado Zarrelli fu condannato all'ergastolo ma fu assolto in Appello. La sentenza fu però annullata in Cassazione. L'imputato fu nuovamente assolto con formula piena dalla Corte di Assise di Appello di Potenza. Sentenza confermata nel 1985 dalla Cassazione. Zarrelli ottenne della Stato persino il risarcimento per danni morali e materiali. Le tracce del Dna che hanno «incastrato» ma, si fa per dire) Zarrelli sono state trovate su uno strofinaccio insanguinato e su alcune cicche di sigarette. L'attività' investigativa è stata svolta dalla Polizia Scientifica di Roma dopo che il caso era stato riaperto un anno fa dal Procuratore aggiunto di Napoli, Giovanni Melillo, in base a una lettera anonima giunta in Procura.
A circa quattro decenni da quel massacro che scosse l'opinione pubblica napoletana (non ancora abituata alle stragi di camorra) gli investigatori hanno ricominciato a lavorare sui vecchi ma ben conservati reperti sequestrati nella casa degli orrori. Ma, il finale di questa inchiesta è amaro. Destinata a restare per sempre senza un colpevole. Da poter sbattere in galera.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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