Mezze ammissioni. E pure qualcosa in più. Per Il Fatto Quotidiano siamo ad una svolta: «Sono pronto a collaborare», afferma Antonio Panzeri davanti agli inquirenti, prima di offrire su un piatto d'argento la testa dell'eurodeputato belga di origine italiana Marc Tarabella: «È andato in Qatar». E secondo il quotidiano belga Le Soir i regali erano per lui.
Tarabella era già nel mirino degli inquirenti e nei giorni scorsi la sua abitazione era stata perquisita alla presenza del presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola ma ora la sua posizione si complica. D'altra parte, tutti gli indagati sono stati costretti a rivedere la propria strategia alla luce della rapidissima evoluzione dell'inchiesta che sta travolgendo le istituzioni europee. Anche l'ormai ex vicepresidente del Parlamento europeo Eva Kaili, che oggi compare davanti ai giudici chiamati a pronunciarsi sul suo destino, ha cambiato posizione e ha ammesso in sostanza di conoscere il giro vorticoso di tangenti manovrate dal marito Francesco Giorgi. D'altra parte insistere sulla sua assoluta estraneità sarebbe stato una sorta di suicidio: il 9 dicembre scorso, mentre il blitz era in corso e l'indagine usciva allo scoperto, perse letteralmente la testa: mandò il padre a compiere una missione disperata, recuperare e far sparire borsoni colmi di banconote cercando di bruciare sul tempo gli investigatori; risultato: il papà venne bloccato in uno dei più lussuosi hotel di Bruxelles, il Sofitel, mentre la figlia commetteva un'altra imperdonabile sciocchezza: «Cercava di avvertire Panzeri e altri due eurodeputati della presente inchiesta», è scritto nelle carte.
È scattato così l'arresto per flagranza di reato. Tutto questo accade mentre sul fronte italiano le difese ottengono un risultato che assomiglia a una vittoria, sia pure parziale: l'avvocato Angelo De Riso, che tutela Silvia, figlia dell'ex eurodeputato, sottolinea le criticità del sistema penitenziario belga, insomma il sovraffollamento già denunciato in un report pubblicato dal Consiglio d'Europa, e così spinge la corte d'appello di Brescia a disporre una verifica e a far slittare la decisione al 3 gennaio.
Un successo e anche una capriola dei giudici bresciani: 24 ore prima, nell'udienza che riguardava la moglie di Panzeri, Maria Dolores Colleoni, la magistratura era andata dritta per la propria strada rifiutando lo stesso controllo che viene accordato alla figlia. Cambia la decisione, non il percorso parallelo delle due donne: prima di essere spedita in Belgio; la moglie si giocherà la carta del ricorso in cassazione e in quell'occasione verrà riproposto il tema delle prigioni.
Certo, per la magistratura belga le due donne, madre e figlia, «sono pienamente» consapevoli degli «intrallazzi» e dunque sarebbero parte della rete criminale messa in piedi da Panzeri, sfruttando i suoi rapporti privilegiati con il Qatar e il Marocco. Fra l'altro un'intercettazione del 4 giugno dà lo spessore delle trame sviluppate dalla famiglia: Panzeri chiama le due donne che sono a Rabat. «È andata bene, ci hanno fatto passare per vip, siamo andate da Atmoun per un caffè», afferma la moglie riferendosi all'ambasciatore del Marocco in Polonia Abderrahim Atmoun. Subito dopo, Panzeri parla proprio con lui: chiede «per la cosa di sua figlia», «per la bozza di convenzione» che sta per spedirgli, per capire se può andare bene. Si tratta evidentemente di un contratto, forse una consulenza giuridica, che riguarderebbe «il Consiglio dei marocchini nel mondo». Dunque, affari e oboli mascherati. Intanto, Panzeri, spalle al muro, inizia a collaborare: «Avremmo lavorato - spiega nei verbali - per evitare risoluzioni contro i Paesi» amici «e in cambio avremmo ricevuti 50 mila euro». Poi mette nei guai Tarabella, presunto destinatario, secondo il ben informato Le Soir, di doni dal Qatar.
E ancora accende i riflettori su Andrea Cozzolino, invitando a verificare il suo delicato ruolo di Presidente della delegazione per il Maghreb. Ieri intanto, su richiesta della procura, il gip ha sequetrato una casa a Cervinia a Nicolò Figà-Talamanca, fondatore della Ong «No peace without justice».
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