Per aiutare De Luca il governo tollera la camorra in ospedale

Il report dell'ex questore in un cassetto fino a dicembre. Commissariamento dopo il voto

Per aiutare De Luca il governo tollera la camorra in ospedale

Napoli. Per gli amici del clan niente lista d'attesa e ticket ridotto. Il parcheggio dell'ospedale gestito dagli amici degli amici, il servizio di vigilanza affidato senza troppe formalità, il medico che chiedeva aiuto ai boss per regolare questioni in sospeso. Le inchieste della Dda di Napoli tra il 2014 e il 2019 hanno svelato come il clan Contini avesse un'influenza decisiva nella gestione dell'ospedale San Giovanni Bosco di Napoli grazie, evidentemente, a collusione o paura di chi preferiva non vedere. Avevano le mani su tutto: gestione dei posti letto, ristorazione all'interno della struttura, lavori di ristrutturazione.

Ma non è tutto: anche in altri importanti centri di cura del capoluogo partenopeo, stando alle inchieste, la camorra spadroneggiava. Clamoroso il caso del delicato summit di pace svolto all'interno della camera mortuaria dell'ospedale tra rappresentanti del clan Mazzarella e dell'Alleanza di Secondigliano: in ballo il pizzo da 20mila euro al mese su importanti lavori di ristrutturazione. Un giro d'affare così appetibile da convincere i boss a chiamare in causa il paciere, «la Svizzera della camorra», come lo ha descritto il Mattino: l'anziano boss Carmine Montescuro, considerato affidabile mediatore. La sala mortuaria dell'ospedale, a quanto ha raccontato il pentito Maurizio Farraiuolo, era un posto sicuro per i boss. Altri incontri di camorra si sarebbero svolti presso l'ospedale San Paolo.

Del resto, secondo la requisitoria del sostituto procuratore Ida Teresi, a Napoli ogni clan mira a controllare un ospedale. E qualcuno, evidentemente, ci era riuscito benissimo. Sulle collusioni di medici, infermieri e amministrativi della sanità napoletana le indagini sono ancora in corso. Si sono invece conclusi gli accertamenti svolti dalla commissione nominata dalla Prefettura per accertare il livello di infiltrazione. Il risultato è una relazione, che porta la firma autorevole dell'ex questore di Napoli Santi Giuffrè, è diventata uno scottante caso politico.

Il documento è in mano al governo che da mesi lo tiene in un cassetto. «Mi risulta - dice il deputato di Forza Italia Paolo Russo - che la relazione abbia mosso importanti rilievi che suggerirebbero la necessità del commissariamento per risolvere le criticità, ma a quanto pare il governo non la ritiene una priorità perché viene prima la campagna elettorale di De Luca». A sollevare il caso sono stati anche esponenti politici meno ostili al governo, come il sindaco di Napoli Luigi De Magistris, il deputato Sandro Ruotolo con un'interrogazione, la candidata dei 5 Stelle alla presidenza della Regione Campania Valeria Ciarambino. Il Viminale, che dovrebbe sottomettere un parere al Consiglio dei ministri, ha fatto sapere che per esprimersi «c'è tempo fino a dicembre».

Una replica che fa sorgere un legittimo sospetto: il governo ha deciso che la lotta alla camorra può attendere a dopo le elezioni regionali. De Luca ha già reagito a brutto muso: «Gli ospedali li abbiamo ripuliti noi, altro che commissione d'accesso».

Il commissariamento del resto colpirebbe un suo uomo chiave, il manager della Asl Ciro Verdoliva che ora è pure indagato per gli appalti degli ospedali Covid. E il diktat del governatore a quanto pare è arrivato a destinazione. A Roma Pd e 5 Stelle sono ammutoliti. La vecchia bandiera della lotta alla mafia può attendere fin dopo il voto regionale di settembre.

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