Richiami tecnici, che sanno tanto di antidoti politici al rischio populismo. In Italia e altrove. Negli ultimi giorni si sono moltiplicati gli appelli a non modificare le riforme previdenziali. Fondo monetario internazionale e Banca centrale europea hanno chiesto di premere l'acceleratore, aumentando ancora l'età pensionabile. A giorni arriverà il rapporto della Commissione europea sull'invecchiamento. Le previsioni per l'Italia sono note. Il picco della spesa previdenziale avrà effetti sui bilanci pubblici, nonostante le stangate delle varie riforme approvate dagli anni Novanta in poi. L'impennata della spesa in rapporto al Pil si verificherà già dagli anni Venti e non a cavallo tra i Trenta e i Quaranta come previsto. Necessario quindi mettere mano da subito alla spesa previdenziale.
Le previsioni a tinte fosche avevano già incassato la risposta del governo italiano, sicuro che il sistema sia in equilibrio. Il tema è di quelli scivolosi. In Italia sono molti a sostenere che siamo vittima di calcolo errato della spesa pensionistica, che include anche quella assistenziale. Lo ha ricordato ieri Domenico Proietti, segretario confederale della Uil, secondo il quale la spesa previdenziale italiana è «dell'11% rispetto al Pil, perfettamente in media con gli altri Paesi europei, meno della Francia e della Germania».
Ma il timore di Fmi, Bce, Commissione europea e anche Ocse è che il prossimo governo italiano allenti ulteriormente i cordoni della previdenziale, appesantendo il capitolo di spesa pubblica più pesante, in un periodo di bassa crescita. Il rischio è la reazione dei mercati.
Ieri il direttore del Fmi Christine Lagarde ha messo in guardia dalla «ascesa del populismo e la miope sirena del protezionismo» che rappresentano «un potente vento avverso» che minaccia la crescita. Riferimento ai dazi varati dall'amministrazione Usa. Ma anche alle elezioni in Europa, come quella italiana. Poi ha proposto un fondo anti crisi per Eurolandia. Uno strumento «per i giorni di pioggia».
Nella Ue e nelle organizzazioni internazionali ci si prepara insomma a fronteggiare tensioni dei mercati. Per quanto ci riguarda resta il rischio di come sarà gestito il debito pubblico quando il Quantitative easing della Bce si ridurrà.
Il presidente della Bundesbank, Jens Waidmann, probabile successore di Draghi, ha prospettato un ritiro del programma di acquisto di titoli di stato e una «normalizzazione», che consisterà in interventi mirati nei casi di crisi. Poi un possibile rialzo dei tassi da metà del 2019. Per l'Italia significa spesa pubblica in aumento e titoli di stato da piazzare. Difficile già adesso.
«I maggiori fondi di investimento stanno avvisando i loro clienti del crescente rischio di instabilità in Italia. Alcuni hanno già fatto capire che è meglio stare alla larga dai titoli di stato italiani», ha spiegato Emanuele Canegrati, Senior analyst BPPrime Londra- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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