Un altro schiaffo ai pm. Serve l'ok del giudice per acquisire i tabulati

Intercettazioni, gli inquirenti devono spiegare perché serve ricostruire i contatti degli indagati

Un altro schiaffo ai pm. Serve l'ok del giudice per acquisire i tabulati

Era una delle armi più potenti in mano ai pubblici ministeri, lo strumento che permetteva alle Procura di fare irruzione senza controlli nella vita presente e passata dei cittadini. Senza troppo clamore, ieri il ministro della Giustizia Marta Cartabia dice stop: per acquisire i tabulati telefonici di chiunque, i pm d'ora in avanti dovranno chiedere il permesso di un giudice. Dovranno spiegare perché è indispensabile andare a ricostruire a ritroso la vita, i contatti, gli spostamenti. È la prima volta da anni che un provvedimento governativo incide concretamente sul potere (o strapotere) dei pm.

E stavolta non si tratta di una promessa, e neanche di una semplice proposta di legge di quelle destinate a impantanarsi in Parlamento. La Cartabia decide di agire d'urgenza, con un decreto legge che come tale entra in vigore immediatamente. Lo fa inserendo la norma nel variegato decreto legge cui ieri il governo Draghi è costretto per tappare emergenze varie, dalle scadenze Irap alle firme per i referendum. Al primo punto del decreto c'è lo stop a «tabulato selvaggio». La modifica è resa necessaria, si legge nel testo, dalla sentenza della Corte di giustizia europea del marzo scorso: in quella occasione, accogliendo il ricorso di un cittadino estone, la Corte aveva stabilito che la violazione per fini di giustizia del traffico telefonico deve essere «subordinata ad un controllo preventivo effettuato o da un giudice o da un'entità indipendente». E siccome la Procura è solo una parte del processo, «il pubblico ministero non è in grado di effettuare il controllo preventivo di cui sopra».

In altri casi, le raccomandazioni europee hanno impiegato anni per venire tradotte in pratica. Invece stavolta l'Italia si adegua a tempo di record. Il decreto di ieri della Cartabia prevede che «i dati sono acquisiti presso il gestore con decreto motivato del giudice su richiesta del pubblico ministero». Nei casi di urgenza assoluta il pm può chiedere i tabulati direttamente, ma se entro 48 ore non arriva l'ok del giudice finiscono nel cestino. In pratica, la acquisizione dei tabulati viene sottoposta agli stessi vincoli che già oggi sono in vigore per le intercettazioni «in diretta» delle comunicazioni.

La libertà totale concessa finora ai pm di farsi consegnare dai gestori telefonici gli elenchi completi dei contatti avuti in mesi o in anni dal sospettato permetteva di fatto incursioni illimitate nella vita privata: ma accadevano anche cose peggiori, come l'inserimento dei tabulati nei computer di specialisti di intercettazioni che mettevano in relazione i dati di inchieste diverse alla ricerca di contatti ricorrenti, per ipotizzare così reti criminali che finivano con abbracciare mezzo paese.

Il decreto legge varato ieri rende tutto ciò, se non impossibile, decisamente più arduo. E infatti Enrico Costa, il parlamentare di Azione! che sull'accoglimento della sentenza europea aveva visto recepire dal governo Draghi un suo ordine del giorno, applaude: «Il decreto sui tabulati telefonici è l'ennesimo risultato delle nostre battaglie liberali sulla giustizia alle quali il governo ha dato un riscontro positivo». E Costa ricorda come l'accesso ai tabulati «risulta talvolta più invasivo delle intercettazioni telefoniche».

Perché l'innovazione faccia sentire i suoi effetti, manca però

qualcosa: che i giudici per le indagini preliminari esercitino davvero il controllo che la legge affida loro, e non si limitino a firmare qualunque richiesta dei pm. Ma per questa svolta, purtroppo, non basta un decreto legge.

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