Roma - Il «metodo» Romeo, a quanto sembra, si basava sul dispensare consulenze a personaggi potenzialmente «utili» agli affari dell'imprenditore napoletano e lavorare per farle diventare vere e proprie tangenti camuffate.
Nell'inchiesta nata sotto il Vesuvio e poi approdata a Roma emerge il particolare modus operandi di Alfredo Romeo, studiato in tutti i particolari per agganciare familiari dei potenti, dal padre dell'ex premier Matteo Renzi, Tiziano, al fratello del presidente dell'Autorità anticorruzione Raffaele Cantone, Bruno.
Al centro del sistema, gli appalti d'oro aggiudicati dalla Consip, la centrale acquisti dello Stato, che facevano gola alla Romeo Gestioni. Ad aumentare le possibilità di vincere le gare dovevano servire le pressioni dei personaggi «arruolati», non si sa quanto consapevolmente, grazie al giro delle consulenze, alcune reali altre fittizie.
Tra lo spregiudicato imprenditore partenopeo e i suoi obiettivi legati alle prime file della politica e delle istituzioni si muovevano dei mediatori-consiglieri, anch'essi ricompensati con le solite consulenze, dall'ex parlamentare finiano Italo Bocchino all'imprenditore farmaceutico toscano Carlo Russo.
Proprio quest'ultimo vantava l'amicizia con Tiziano Renzi e Romeo, in una conversazione intercettata dai carabinieri, parlava al suo amico funzionario della Consip Marco Gasparri (accusato ora di corruzione) delle sue speranze di aggirare il «boicottaggio» del suo gruppo nelle gare, grazie ad un prezioso nuovo «canale per arrivare al governo».
Sono i pm ora a dover accertare quanto ci sia di millanteria e quanto di vero nelle manovre di mediatori come Russo, ma intanto lui e Renzi senior sono indagati per traffico d'influenze illecite, il nuovo reato introdotto dalla legge Severino per combattere la corruzione.
Per ora sembra certo che Russo abbia chiesto a Romeo soldi sia per sè sia per il babbo del leader Pd, ma ancora si deve accertare se l'altro fosse davvero informato delle pretese avanzate a suo nome.
L'imprenditore napoletano, naturalmente, era pronto a sborsare il richiesto e anche di più per assicurarsi un alleato così vicino al vertice del potere. Era rimasto, a dire il vero, già «bruciato» precedentemente da una «consulenza» da 70-80 mila euro pagata a Russo sembra senza ottenere i favori richiesti, ma il giovane di Scandicci ora gli offriva su un piatto d'argento, per rifarsi, il suo legame con la famiglia Renzi.
Nei «pizzini» usati da Romeo per sfuggire ad eventuali intercettazioni ambientali e recuperati nella discarica, poi ricomposti come un puzzle dagli investigatori, scriveva le sue offerte di «consulenza», in modo da non pronunciarle ad alta voce: «30 mila al mese per T» ( presumibilmente Tiziano Renzi) e «5 mila euro per C.R.» (presumibilmente Carlo Russo). Soldi però, forse promessi ma non incassati.
Per l'avvocato Bruno Cantone, invece, la consulenza legale con la società di Romeo valeva 3 mila e 800 euro al mese, ma sarebbe legata ad un incarico del novembre 2015 per una causa davanti al Tar per un immobile di Londra. Nulla di illegale, ma lo stesso avvocato dopo 5 mesi la interruppe, probabilmente rendendosi conto del rischio di conflitto d'interessi in cui si sarebbe trovato il fratello Raffaele.
L'Anac da lui presieduta, infatti, ad ottobre dello stesso anno si era pronunciata proprio su un appalto cui puntava Romeo e non nella direzione che avrebbe auspicato l'immobiliarista. Ma poteva di nuovo avere un ruolo delicato che interessava il gruppo. Il «metodo» delle consulenze, evidentemente guardava avanti e cercava di creare il terreno favorevole agli interessi dell'imprenditore.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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