Ma gli immigrati non dovevano salvare l'Italia? Per anni abbiamo ascoltato questa ripetitiva cantilena, recitata, gridata e scritta dal mondo buonista, il quale voleva far credere agli italiani che la politica delle «porte aperte» avrebbe portato non solo al multiculturalismo ma anche alla prosperità economica.
A poco sono servite le analisi di numerosi economisti e demografi indipendenti, i progressisti benpensanti le hanno snobbate. Dall'alto della loro presunta «superiorità morale e culturale» impartivano benedizioni e scomuniche, a seconda della convenienza del momento. Ma, ahinoi, i nodi alla fine vengono al pettine e ora anche il mondo progressista non nasconde che l'apporto degli immigrati «in termini di lavoro non sarà più sufficiente a risollevare il prodotto interno lordo». Lo scrive nero su bianco il quotidiano la Repubblica, citando uno studio della Banca d'Italia e alcune analisi di esperti. Certo, il termine spartiacque sarà il 2041, una data che oggi appare lontana, ma per chi amministra lo Stato il tempo per correre ai ripari non è poi così abbondante. Naturalmente il giornale di Calabresi usa tutti i distinguo possibili, affermando che fino a oggi i migranti sono stati fondamentali per la nostra economia e che dal 2001 hanno dato un notevole contributo al Pil italiano.
Ma il trend non sarà più positivo. D'altronde, lo sappiamo da anni che gli italiani stanno invecchiando e che soprattutto non fanno figli. E la Repubblica sottolinea che con il tempo gli stranieri «tendono ad assumere i comportamenti degli italiani e quindi a fare meno figli». Insomma, scrive con rammarico, «l'immigrazione sta cominciando a frenare». Già, l'elisir di lunga vita dell'Italia rimane sempre l'accoglienza degli stranieri. Un mantra che la sinistra, autolavandosi il cervello, non riesce a scrollarsi di dosso. Inutile qualsiasi ragionamento o alternativa prospettabile. Fiato sprecato. Be', il muro talebano di alcuni buonisti appare impossibile da superare. Ci vengono in mente alcune uscite di noti esponenti e testimonial dell'immigrazione incontrollata. Come la presidenta della Camera Laura Boldrini, per citarne una a caso. In un convegno a Montecitorio aveva lamentato la scarsa accoglienza del nostro Paese e se l'era presa con tutti gli italiani perché «sono ignoranti testualmente - e non sanno che i migranti sono una risorsa e che i musulmani sono solo il 6% della popolazione». Lei sa di sapere quello che noi non sappiamo di sapere.
O come Emma Bonino, la storica leader radicale che il 4 marzo non ha convinto gli elettori, ma ha lanciato messaggi chiari: «Più immigrati regolari vuol dire non solo maggiori entrate previdenziali, ma più sicurezza e più legalità. Conviene a noi prima che a loro», aveva proclamato invocando una sanatoria per 500mila stranieri irregolari che vivono in Italia. Ma lo spot che gli immigrati ci pagano la pensione e ci faranno vivere più floridamente è andato in onda molte volte. Anche il presidente dell'Inps, Tito Boeri, ha voluto lasciare il segno dispensando numeri e raccomandazioni. «Abbiamo bisogno dei migranti per finanziare il nostro sistema di protezione sociale», aveva detto in un'audizione alla Camera. E la lista potrebbe continuare. Anche perché a sinistra hanno tutti la stessa fissazione: i migranti sono un'ancora di salvezza. Peccato che non vedano, o non vogliano vedere, altre soluzioni. La stessa Repubblica si rassegna, visto che non facciamo figli, a un'unica strada: «lavorare di più e aumentare l'età pensionabile».
Ma se il problema concreto è che gli italiani non facciano figli perché non si interviene su questa piaga? Non sarebbe il caso di mettere in piedi un colossale piano per sostenere le nascite e le famiglie, come hanno fatti molti altri Paesi? Riflettiamoci.
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