È il destino vigliacco di quelli che hanno vissuto per anni negli States, ci hanno mandato i figli a studiare, ci tornano ogni Natale a trovarli, fanno le vacanze in America, come i Vanzina, perché loro hanno fatto il coast-to-coast, sono cresciuti con i romanzi di Zadie Smith e Jeffrey Eugenides - quando invece avrebbero dovuto leggere JD Vance - hanno un blog in inglese, firmano commenti per riviste internazionali, e mai che indovinino una-previsione-una.
Domanda: ma se uno sbaglia sempre tutto e continua a capire zero dell'America, e ancora meno di politica, può continuare a essere considerato un esperto? O è solo uno che fa la comparsa nei talk show? Un politico che sbagliasse tutti i candidati, ad esempio, non potrebbe mai continuare fare il Segretario di partito... In effetti, fra i democratici, sì.
Del resto, i peggiori esperti sono quelli che vengono colti di sorpresa non dall'imprevisto, ma dal prevedibile. Come la vittoria di Trump.
Sono i giornalisti e gli analisti specializzati in politica americana che ieri non avevano capito nulla, ma oggi ti raccontano tutto su come sarà l'America di domani. Quelli che sostenevano in tv che Trump avrebbe perso e adesso spiegheranno sui giornali perché ha vinto. E la tragedia è che non si chiedono mai «Dove abbiamo sbagliato?», ma «Come mai hanno sbagliato a votare?».
Vi ricordate Giovanna Botteri che nel 2016 disse in diretta televisiva «Se poi la gente sceglie comunque Trump, noi giornalisti a cosa serviamo?». Appunto.
L'elenco degli esperti è lungo. Gianni Riotta, uno dei più grandi analisti a posteriori che la storia della politologia abbia conosciuto (per lui doveva prevalere Kamala, e invece «Con Trump rivince la paura e tramonta la democrazia»). Massimo Giannini, uno che ha sognato che avrebbe trionfato Kamala Harris e per il quale - oggi che Trump ha vinto Presidenziali, Camera, Senato e voto popolare - è «la fine della democrazia». Beppe Severgnini, l'italian che conosce meno gli americans («Lilli, figurati se voteranno un'altra volta Trump...»). E Lilli Gruber che non si dà pace perché gli elettori si bevono le bufale della destra-destra (che adesso diventerà l'ultra destra-destra-destra). O David Parenzo («Non ci posso credere!»). E poi Telese, e l'Aprile, e Molinari, Floris e i fighetti della Luiss, sempre più lontani dal Wisconsin. E Alan Friedman, che in analisi politica si merita un voto più basso che nel ballo: quattro. Ancora. I sondaggisti di Repubblica (ma non doveva essere un lungo e feroce «testa a testa»?). E quelli del Foglio. E il conduttore Rai con lo sguardo smarrito («Si profila una vittoria inquietante di Trump...»). E la parrocchietta di Avvenire, che adesso si chiede «Come è stato possibile?».
E la sofisticata analisi del direttore del Sole24ore, Fabio Tamburini, che come ha detto qualcuno ormai è pronto per sostituire Giuseppe Cruciani alla Zanzara («È la vittoria dell'America degli hambuger e delle patatine fritte»: per alcuni la democrazia è sempre indigesta). E tutta La7... Non ci bastava Enrico Mentana (al quale il risultato del voto ha trasmesso «pessimismo e fastidio»), c'era bisogno anche un podcast e un live streaming di Francesco Costa. O Roberto Saviano (uno che «se vince la destra, lascio l'Italia», «se vince Trump, lascio gli Stati Uniti», e ci chiediamo adesso dove andrà), il quale a proclamazione avvenuta ha scritto, sui social, che è colpa dei social che danno voce agli ignoranti.
Eh sì. A questi non la si fa... Ah. Incredibile che il servizio di Report su Trump il giorno prima delle elezioni non abbia spostato il voto degli americani... Ci spiace per Ranucci. Un altro che aveva capito tutto. Purtroppo è andata così.
Donald Trump è il quarantasettesimo presidente degli Stati Uniti d'America; e Lucia Annunziata, una che aveva scommesso tutto su Kamala, è «molto preoccupata».E niente. Per sperare che la sinistra capisca cos'è davvero l'America, e la democrazia, non basterebbe un'elezione di Trump alla settimana. E poi, loro almeno hanno Taylor Swift. Noi Piero Pelù dei Litfiba.
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