Arrivano altri profughi: due molotov contro l'hotel

Tensione in un paese del Bresciano. Il proprietario: "Io volevo vendere, ma me l'hanno sequestrato"

Arrivano altri profughi: due molotov contro l'hotel

«Aggiungi un posto a tavola» è una canzone vecchia di mezzo secolo. La romantica favola - chiamatela pura aspirazione-di un'Italia che non c'è più. Sparita, subissata da debiti e imbroglioni, umiliata, invasa da migranti che è vietato definire clandestini, ma che dormono in albergo. A nostre spese. Mentre i poveri «indigeni», quelli col passaporto di questa Repubblica «bifronte» giacciono per strada. Magari chiedendo mute elemosine per una moglie anziana e malata. O perché senza lavoro. In molte nostre famiglie altro che «aggiungere un posto»: se c'è la tavola si fatica spesso a mettere insieme i pasti.

Sarebbe, dunque, un'insostenibile, ipocrita, leggerezza, voler liquidare ciò che è accaduto l'altra notte nel Bresciano, come semplice atto di xenofobia. O intimidazione. O come il gesto di qualche imbecille violento. No, c'è un Italia dolente, troppo spesso rassegnata, ma anche sempre più arrabbiata. I segnali si colgono, sono prodromi, basterebbe volerli leggere.

A Carpeneda di Vobarno, un albergo chiuso da quattro anni, sta per riaprire i battenti per ospitare 35 richiedenti asilo. «Eureka» direbbe qualcuno, proprio come il nome dell'hotel in questione. Qualcun altro, invece, ha sfondato una finestra del hotel con una mazza e ci ha gettato dentro almeno un paio di molotov accompagnate da una tanica di benzina.

Adesso indagano carabinieri e Digos, sembra che gli attentatori fossero due. Ma già da martedì scorso in paese scoccavano scintille.

Il sindaco Beppe Lanciani, con amministrazione comunale quasi al completo aveva dovuto presentarsi in piazza per trattare con cittadini stufi del business. Di profughi, in questa frazione di paese, ce ne sono già altrettanti, sembra che il prefetto abbia deciso di spedire il nuovo plotone d'«imperio». Da qualche settimane nell'albergo- di proprietà di un antico leghista che chissà perché hadeciso di ammainare la bandiera della Repubblica di Venezia che campeggiava in bella vista- si lavora alla ristrutturazione di 17 camere da destinare ai rifugiati. Si vocifera che dei 42 euro a testa assegnati dallo Stato per gli ospiti, sette finiranno a lui, il resto alla cooperativa che dovrebbe occuparsene. La stessa che sta gestendo altri migranti a Tre Casali di Anfo,. sempre in Val di Sabbia: nemmeno 500 abitanti e una cinquantina di stranieri alloggiati in ville.

L'altra notte, a Vobarno, è stato proprio il proprietario dell'albergo, Valerio Ponchiardi, a svegliarsi nel cuore della notte e a tentare di spegnere le fiamme che stavano avvolgendo una zona del pianterreno adibita a bar. Lui, che l'altra volta di fronte alle proteste dei concittadini, aveva preferito non farsi vedere, adesso dribbla. Sottolineando di non aver firmato alcun contratto. «Se questi profughi arriveranno, sarà solo perché l'albergo me l'hanno requisito (prefettura, ndr)», si giustifica. E specifica anche che sua intenzione sarebbe quella di vendere la struttura. La prefettura di Brescia è altrettanto pilatesca: «Era stata avanzata un'ipotesi di utilizzo, ma al momento nessun accordo è stato trovato tra la cooperativa che gestisce gli stranieri e la proprietà dell'albergo», la nota.

Il sinaco Lancini, prova a scartare, forse sbagliando i tempi: «Ho avuto la notizia dell'arrivo dei profughi giovedì dal prefetto che mi ha detto che li avrebbe mandati al ristorante albergo Eureka». Eppure due giorni prima l'intero paese già stava protestando. I conti non tornano.

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