Arrivano i centri per disintossicare i giovani "drogati" della guerra santa

In autunno ne apriranno 13, vi lavoreranno esperti e psicologi

Arrivano i centri per disintossicare i giovani "drogati" della guerra santa

Ci avessero pensato prima, ora padre Jacques Hamel, sgozzato nella sua chiesa di St.Etienne-du-Rouvray il 26 luglio scorso, forse sarebbe ancora vivo. E uno dei suoi due assassini, Adel Kermiche, 19 anni, conquistato al jihad dalle fervorose prediche del Califfo Al Baghdadi, farebbe magari il garzone in una macelleria halal nella banlieu di Rouen. Frequenterebbe la moschea, direbbe le sue brave preghiere da fedele devoto. Ma il coltello, finito il lavoro

L'idea, a pensarci bene, non è neanche tanto peregrina. Ci riuscì Vincenzo Muccioli, a San Patrignano, strappando tanti giovani all'abbraccio mortale dell'eroina. Perché non dovrebbero riuscirci i francesi, che stanno progettando una serie di centri di «disintossicazione» per giovani islamici sfasati, caduti come allocchi nella trappola formata dal trinomio disagio sociale- radicalizzazione-terrorismo?

Anche il borgo di Beaumont-en-Véron, con i suoi 2.900 abitanti, i boschi, le vigne e i castelli, ha l'aria di non essere tanto diversa da San Patrignano, laggiù sulla collina riminese.

È qui, come si racconta in un bel reportage del sito di infomazioni «Linkiesta», che sorge l'imponente complesso di Pontourny, costruito nel 1748. Qui Marie-Alphonse Gréban de Pontourny, nel 1895, creò una fondazione per ospitare orfani e donne, poi riconvertita in ospedale psichiatrico agli inizi del Novecento. Negli ultimi anni Pontourny ha ospitato minori in difficoltà e migranti. Ora, dal 1° settembre, diventerà un centro di deradicalizzazione per giovani che rischiano di essere inghiottiti dalla grande, velenosa medusa che dal suo antro fra Siria e Irak promette dozzine di vergini in cambio della propria vita immolata per la maggior gloria di Allah e del suo Profeta.

Fanfaluche? Sogni a occhi aperti? Tutt'altro. C'è perfino una legge, approvata dall'Assemblea nazionale il 3 giugno scorso, che sancisce la creazione di centri come quello di Pontourny. E non due o tre, tanto per. Nel disegno di legge si parla di almeno tredici strutture, sparpagliate per il Paese. Come tante San Patrignano per «drogati di Allah» che vogliono «smettere», ma da soli non ce la fanno.

Centri dotati di personale altamente qualificato (psicologi, psichiatri, esperti in storia delle religioni e geopolitica) il cui obiettivo sarà non solo la destrutturazione e la ricostruzione della personalità degli ospiti, già mesmerizzati dal malefico progetto della Jihad in Europa. Ma anche, se non soprattutto, il reinserimento nella società dei giovani già conquistati alla Causa o facilmente suggestionabili dai cattivi maestri di Isis.

Ai prefetti, coadiuvati dalle famiglie e dai servizi sociali, il compito di segnalare i soggetti a rischio: gente che in moschea o con gli amici straparla o come quelli (vedi il citato Adel Kermiche e il suo confratello Abdel Malik Petitjean: disturbati mentali, disadattati) che hanno avuto a che fare con Siria e Irak o progettano di recarvisi per baciare la pantofola del Califfo.

La durata prevista del soggiorno a Beaumont (numero di ospiti previsto: una trentina) è di almeno sei mesi.

Ma si può «guarire»? Sembra di sì. A Lille esiste già un centro, guidato dalla psicologa e antropologa francese Dounia Bouzar, che opera in quartieri difficili, tra disoccupati ed emarginati. È lì che il proselitismo jihadista, e la propaganda salafita fanno maggior presa sulle pulsioni nichiliste e autodistruttrici di chi si autoemargina, facendosi fagocitare da tesi complottiste e persecutorie nei confronti dei musulmani.

Il resto viene da sé, come abbiamo imparato dai tempi che sembrano ormai lontani del boia inglese «Jihadi John» che

brandiva il coltello puntandolo alla gola della sua vittima. E osservando le schiere di chi, alienato nelle banlieu di tutta Europa, sogna il suo giorno da leone nel deserto siriano o (Dio non voglia) in un cinema europeo.

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