Donald Trump è stato il regista di un vero e proprio colpo di Stato. «Il 6 gennaio è stato il culmine di un tentato golpe. Un tentativo sfacciato di capovolgere il governo. La violenza non è stata un incidente. È stato l'ultimo disperato tentativo di Trump di fermare il trasferimento di potere». Lo afferma senza giri di parole Bennie Thompson, il presidente della commissione parlamentare di inchiesta sui fatti del 6 gennaio 2021, che attinge anche a una suggestione storica: «Nel 1814 il Campidoglio è stato assalito da una forza straniera, mentre il 6 gennaio è stato assalito da nemici interni».
È stata un'udienza quasi hollywoodiana la prima pubblica (trasmessa anche in diretta tv) della commissione composta da sette deputati democratici e da due repubblicani, che però sembrano essere più severi con l'ex presidenti dei suoi avversari naturali. Momento clou un filmato di dieci minuti che monta nuove immagini inedite raccolte in un filmato e la testimonianza di una degli agenti feriti e di altre persone sentite a porte chiuse. Nel video si sentono tra l'altro i manifestanti gridare «impiccate Mike Pence» e si vedono i poliziotti assaliti chiedere aiuto con concitazione, quasi disperazione. Tutto questo materiale tra il docudrama e la fiction per sostenere un'unica tesi: la fiamma dell'assalto a Capitol Hill da parte di una folla variopinta e arrabbiata l'ha accesa lui, Donald Trump.
Ma l'udienza ha inizio con le parole a dir poco enfatiche di Thompson. «Il 6 gennaio e le bugie che hanno portato all'insurrezione hanno messo due secoli e mezzo di democrazia a rischio. La nostra democrazia resta in pericolo. Il complotto non è finito». Poi ecco il carico, quella della «patriota e amica» Liz Cheney, la repubblicana trasformatasi nella nemica pubblica numero uno dell'ex presidente. Secondo la pasionaria di destra «l'obiettivo di Trump era restare al potere nonostante avesse perso le elezioni» e «l'attacco al Capitol, che nei primi tweet Trump non ha condannato bensì giustificato, non è stato un evento spontaneo» ma la parte di un «sofisticato piano in sette punti per capovolgere il voto e restare al potere». Cheney, che ricorda le pressioni operate dal tycoon sul suo vice Mike Pence affinché rifiutasse il conteggio dei voti elettorali, sciorina spezzoni delle testimonianze dell'ex ministro della Giustizia di Trump William Barr («ho avuto tre discussioni con il presidente Trump e gli ho detto chiaramente che non credevo che le elezioni fossero state rubate, gli ho detto ripetutamente che non vedevo prove di frode») e della figlia di Trump Ivanka («rispetto Barr e ho accettato quanto ha detto sulle elezioni, ovvero che mio padre aveva perso»). Infine le parole forse più toccanti, quelle di Caroline Edwards, una delle agenti ferite, che appre ancora profondamente turbata dalla vicenda. Parla di «scene di guerra», di quanto sconvolgente fosse vedere «i volti di quegli americani come lei» insultarla e picchiarla.
Trump si fa vivo solo per definire l'udienza una nuova frode: «La commissione non ha mostrato le testimonianze positive, ha rifiutato di parlare di frode elettorale e di irregolarità, e ha deciso di usare un produttore di documentari del network di Abc per
mostrare solo immagini negative. Il nostro paese è veramente nei guai». Il suo portavoce Taylor Budowich va oltre: «Questa non è un'udienza legislativa, è una produzione tv. Questo circo non catturerà l'attenzione del pubblico».
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