Astensionismo da record e giovani distanti. I partiti tradizionali hanno smesso di contare

Se avessero votato solo gli under 35 avrebbe vinto Mélenchon e Macron non sarebbe andato al ballottaggio. Gli elettori attratti sempre più dagli estremi

Astensionismo da record e giovani distanti. I partiti tradizionali hanno smesso di contare

Se avessero ragione i bookmaker, Emmanuel Macron potrebbe dormire pittosto tranquillo: al ballottaggio, secondo gli analisti, la conferma del presidente uscente vale 1,15. Come riporta l'agenzia specializzata Agipronews, la leader del partito di estrema destra resta lontana, con la quota di 4,50. Intanto quello che è certo è chi al primo turno non lo ha votato: il 42% dei giovani tra 18 e 24 anni non è andato a votare, segnando un astensionismo record rispetto al tasso globale del 25,2 sintomatico del crescente disinteresse per la politica. Inoltre, se i giovani francesi fossero stati l'unico gruppo di popolazione ad andare a votare domenica, al ballottaggio sarebbero andati Jean-Luc Mélenchon e Marine Le Pen, invece del duello tra Le Pen ed Emmanuel Macron. Un voto quindi più orientato verso gli estremi. Secondo l'istituto di sondaggio Ispos, i 18-24enni hanno dato il 31% delle preferenze al leader della France Insoumise (sinistra radicale), mentre Macron, scelto solo dal 20% dell'elettorato più giovane, sarebbe stato eliminato del secondo turno. Eppure, il forte impegno per l'ambiente tra i giovani non si è tradotto in un voto a sostegno di Yannick Jadot né in una maggiore prossimità al partito Eelv, a riprova dello scredito diffuso del mondo della politica. Sarà per questo che il presidente ha affermato l'intenzione di voler «completare ed arricchire» il suo programma di governo e che in particolare su soggetti come «l'ecologia e il lavoro» intende ascoltare altre voci.

«Voglio convincere chi ha votato per il Fronte Nazionale e chi si è astenuto, sono il presidente di tutti i francesi, Marine Le Pen non potrà esserlo», ha ribadito parlando a Denain, nel Nord della Francia dove Le Pen va forte. Per il ballottaggio il margine di vantaggio del presidente è molto più ristretto del 2017. «Le intenzioni dei votanti saranno probabilmente volatili», rilevano gli analisti di Barclays. «Le elezioni presidenziali francesi segnano il secondo e conclusivo passo verso una rivoluzione del panorama politico», con il collasso dei partiti tradizionali, che ieri hanno raccolto percentuali minime, mentre è aumentato il voto di protesta, che supera il 50%. Saranno gli elettori dei candidati eliminati l'ago della bilancia del ballottaggio, in primis quelli di Melénchon, che ha già dato un'indicazione di voto affermando che «non un voto deve andare a Madame Le Pen». Così come hanno fatto Pécresse, Jadot e Hidalgo schierandosi apertamente in favore di Macron. Dai sondaggi, tuttavia, non sembra che le rispettive basi elettorali raccoglieranno l'invito all'unisono. Secondo il sondaggio Bfmtv-Elabe, gli elettori di Melénchon dovrebbero dividersi in parti uguali tra Macron (35%), Le Pen (34%) e l'astensione (31%). Così come i sostenitori di Pécresse sono intenzionati a votare per il 44% per Macron e per il 40% per la sua avversaria. L'86% degli elettori di Zemmour pensa invece di votare per Le Pen.

Nei sondaggi l'attuale presidente viene considerato come più in grado di ottenere una maggioranza all'Assemblea Nazionale (61% contro 31% di Le Pen), che renderebbe quindi la Francia più governabile. Percentuali analoghe a favore di Macron se si tratta di scegliere il presidente che meglio rappresenterebbe la Francia all'estero o saprebbe gestire meglio le crisi. Mentre Marine Le Pen appare come la presidente veramente in grado di cambiare le cose (56% contro il 35% di Macron) o quella che capisce meglio le persone.

In effetti, negli ultimi cinque anni, la candidata di Rn è riuscita a normalizzare molto la sua immagine, si è fatta meno aggressiva e decisamente più empatica, lasciando il ruolo di «cattivo» dell'estrema destra a Zemmour.

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