Se il Covid ha (parzialmente) unito l'Europa, il vaccino la sta dividendo. Tutti contro tutti nella guerra del siero. Con il risultato che, come scrive il Financial Times, a tutto venerdì i Ventisette avevano somministrato 10,4 dosi di vaccino ogni 100 residenti, assai meno rispetto alle 29,7 inoculate negli Usa e alle 36,5 già «messe a segno» nel Regno Unito. Paesi dove non a caso la curva dei contagi sta flettendo finalmente verso il basso.
Nel vecchio continente qualcosa non funziona, è chiaro. A partire dalle case produttrici che stanno venendo meno ai loro impegni. In particolare AstraZeneca, che dopo aver fornito un numero di dosi molto inferiore rispetto a quelle pattuite, ieri ha annunciato un nuovo taglio delle forniture alla Ue. «AstraZeneca è rattristata di annunciate una carenza nelle spedizioni pianificate di vaccini Covid-19 nell'Unione Europea, nonostante lavori instancabilmente per accelerare la fornitura», spiega in una nota l'azienda anglo-svedese, che attribuisce il buco a «una produzione più bassa del previsto» a cui non è riuscita a porre rimedio facendo ricorso alla sua rete globale, imbrigliata dalle restrizioni all'export.
In realtà AstraZeneca ha anche un altro alibi. Che chiama in casa proprio l'Ue, o meglio la sua agenzia per il farmaco Ema. Che non avrebbe ancora dato l'autorizzazione a rifornire l'Ue al secondo impianto indicato nel contratto siglato da AstraZeneca con Bruxelles oltre a quello principale di Seneffe, in Belgio. L'impianto olandese di Leiden, gestito dalla subappaltante Halix, ha negli ultimi mesi prodotto molti vaccini che però non finiscono ai Ventisette a causa del mancato via libera di Bruxelles. Secondo il ceo dell'azienda Pascal Soriot l'ok di Bruxelles all'impianto di Leiden sarebbe imminente ma da fonti vicine al commissario Ue Thierry Breton che presiede la task force europea per la campagna vaccinale filtra molta irritazione per il comportamento dell'azienda, che non fornendo le necessarie informazioni sull'impianto di Leiden di fatto blocca un impianto che avrebbe una capacità produttiva di almeno 5 milioni di dose al mese. E infatti Bruxelles non vuole sentire ragioni: «È fondamentale che venga fornito un numero sufficiente di dosi necessarie per la vaccinazione dei nostri cittadini nell'Ue - dice un portavoce dell'Unione -. Siamo consapevoli che l'azienda sta avendo problemi di fornitura e i contatti sono in corso. Insistiamo sul fatto che l'azienda faccia tutto il possibile per onorare i suoi impegni e stiamo seguendo gli sviluppi».
Il secondo fronte della guerra europea dei vaccini è quello tra i singoli Paesi. Ieri cinque governi, capitanati dall'Austria (ma ci sono anche Bulgaria, Repubblica Ceca, Slovenia e Lettonia) hanno scritto una lettera aperta Bruxelles per chiedere al più presto un summit nel quale discutere sulle «enormi disparità» che secondo questi Paesi esisterebbero nella distribuzione dei vaccini nelle varie nazioni. «Dobbiamo garantire che, nell'interesse della solidarietà europea, tutti gli Stati membri dell'Ue ricevano contemporaneamente la stessa quantità di vaccino pro capite», avrebbe detto Sebastian Kurz, cancelliere austriaco, al presidente portoghese Antonio Costa, presidente di turno dell'Ue, secondo quanto scritto dal leader viennese su twitter. Kurz accusa senza nominarli altri Paesi di fare accordi separati con le aziende farmaceutiche.
Cosa che i Paesi Bassi ammettono di fare: «Riceviamo vaccini attraverso il meccanismo di distribuzione stabilito dall'Ue, ma utilizziamo anche lo spazio di manovra autonomo», dice il ministero della Sanità dell'Aja, invitando anche gli altri governi a fare altrettanto senza lamentarsi.
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