Prima bisognava inseguirla e adesso bisogna invece trattenerla. Nei mesi più difficili per la scuola ha fatto «scena muta» mentre ora non fa che lanciare idee. In poche ore, il ministro dell'Istruzione, Lucia Azzolina, ha infatti rilasciato due interviste, una più frizzante dell'altra perché autentici flussi di incoscienza dopo mesi di inspiegabile silenzio. Come gli studenti che annusano la libertà, alla Azzolina è accaduto qualcosa di simile e ha cominciato a parlare e rivelare che sarebbe vittima di un complotto orchestrato dal comitato tecnico scientifico, dai funzionari di Trastevere, dai giornalisti, una Spectre che manipolerebbe i suoi pensieri per altro molto indecifrabili: «Plexiglas a scuola? È sempre stata una bufala».
La denuncia è stravagante anche perché di lei si ricordano solo la «task force per la scuola», le tante «proposte sul tavolo» di cui il plexiglas era appunto la più accreditata insieme a cabine di stile coreano, caschi da saldatore e poi ancora didattica online di cui la ministra è una sostenitrice a giorni alterni. La verità? Nessun ministro al governo è stato più spaesato di lei. Le sue conversazioni con i giornali, in un anno, sono state cosi poche e vuote di notizie che l'unica di densità risultava essere quella a Repubblica dal titolo gozzaniano: «No al sei politico». È stata dunque una sorpresa vedere questa preside (il suo concorso è ormai un classico per i linguisti) dichiarare a Radio 24 che «il plexiglas era solo una delle mille ipotesi nata in una riunione privata con il Cts. Per i giornali quella ipotesi era diventata la notizia bambini nelle gabbie di plexiglas. Ci vorrebbe maggiore correttezza. Qualcuno vuole creare confusione».
In pratica, i giornalisti hanno ben fatto il loro lavoro, quello che al ministero evidentemente riesce male. Non è finita. Al Messaggero ha voluto far sapere che «ci sono tre cose da fare per garantire il distanziamento e le faremo». Da quando questa determinazione, signora ministra? Seguendo l'esempio di Giuseppe Conte, la Azzolina ha aperto i suoi personali stati generali e aggiunto che il 14 settembre «nessun dubbio, la scuola riaprirà». E ci mancherebbe! Ma la prova che l'insuccesso è il suo colpo di sole si è avuta quando ha difeso le sue linee guida che, la scorsa settimana, hanno unito sindacati, genitori, presidi, bidelli, tutti insieme appassionatamente per protestare contro indicazioni vaghe e che scaricano le responsabilità sui dirigenti scolastici: «In altri paesi europei non sono arrivate. Procediamo nello stesso modo». Insomma, avanti così senza decidere. Si sa che l'esaltazione è pericolosa e che una volta entrati nella parte difficile è sempre uscirne.
Sulla scuola, da quanto annuncia la Azzolina, (nessuno li ha ovviamente visti) starebbero per piovere imminenti miliardi per settembre: «2.5 miliardi di euro. 1.5 previsti nel decreto Rilancio e ora un miliardo in più. Di questa ultima somma, 800 milioni li ho trovati io! E ora assunzioni da fare questa estate». Era sicuramente un'altra rispetto alla Azzolina di inizio anno scolastico, ma per fortuna è durato poco. Alla domanda successiva, sulla chiusura per Election Day, è tornata la solita: «Fermo restando che non è il ministro che decide dove si svolgono le elezioni, la sanificazione della scuola dura un giorno».
Parliamo della ministra che alla domanda rivolta dagli assessori regionali, in piena pandemia, «insomma, che facciamo?», ha spento il collegamento ed è fuggita via. È la vera autrice della hit dell'estate 2020, quel «rime buccali», l'unità di misura che dovrebbe accorciare il distanziamento fra un banco e l'altro, un latinorum, per nascondere il balbettio degli impreparati.
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