Banda ultralarga: c'è l'ok al piano da 3,6 miliardi

Rete e soldi pubblici (3,6 miliardi di euro) ma gestione privata per portare la banda ultralarga e navigare velocemente in tutta Italia

Banda ultralarga: c'è l'ok al piano da 3,6 miliardi

Roma - Rete e soldi pubblici (3,6 miliardi di euro) ma gestione privata per portare la banda ultralarga e navigare velocemente in tutta Italia. Anche nelle «zone più sfigate» come le aveva, infelicemente, descritte proprio il premier Matteo Renzi nell'aprile scorso presentando il piano del governo. Sono sei le Regioni già pronte a partire: Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Abruzzo, Molise e Toscana. I bandi sono stati aperti ed entro il 20 luglio si chiuderà la rosa delle aziende partecipanti che poi dovranno fare un'offerta per ottenere l'appalto dei lavori. I tempi sono sempre lunghi e per arrivare all'obiettivo si dovrà attendere, almeno, fino al 2020, se tutto filerà liscio. Intanto la Commissione Ue ieri ha finalmente approvato il piano nazionale italiano che, afferma la Commissaria responsabile del settore concorrenza Margrethe Vestager, «è in linea con le norme europee in materia di aiuti di Stato» e non falsa «indebitamente la concorrenza». Sul piatto ci sono 3 miliardi e 600 milioni di euro. Un miliardo e 600.000 li investe lo Stato italiano mentre gli altri due miliardi di soldi pubblici arrivano dalle Regioni che li hanno ricevuti all'Europa ed erano in attesa del via libera per investirli nel potenziamento della fibra ottica nelle zone dove i privati hanno invece deciso che non è conveniente andare. «Dopo vent' anni l'Italia tornerà ad avere una rete pubblica nelle aree bianche», quelle appunto definite sfigate dal premier, annuncia il sottosegretario al Ministero per lo Sviluppo Economico con delega alle Comunicazioni,Antonello Giacomelli. Per il sottosegretario non è vero che «le aree bianche siano poco interessanti dal punto di vista economico. Non stiamo parlando di un'Italia residuale, ma di 7.300 comuni italiani su 8.000 e 13 milioni di cittadini». Giacomelli cita per tutti il caso della Lombardia dove «più del 70 per cento delle imprese si trova in aree di fallimento di mercato», ovvero dove il privato non è arrivato. E non ci sono dubbi sul fatto che l'Italia sia in ritardo rispetto agli altri Stati Ue per ladiffusionedella banda ultra larga. Proprio ieri Akamai (azienda che gestisce contenuti sui propri server per clienti come Amazon o Facebook) ha pubblicato un Report sullo stato di Internet nel 2016.

La velocità di connessione cresce ma non in Italia che si colloca fanalino di coda in Europa seguita soltanto da Grecia, Croazia e Cipro mentre in testa si piazza la Norvegia con 21,3 Mbps medi. Gli italiani viaggiano in media su Internet a 8,2 Mbps e dunque si collocano al 54esimo posto della classifica globale. Insomma il digital divide in Italia è ancora molto pesante.

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