Se ne è andata per la seconda volta, Lucia, ma adesso è per sempre. «Lino, ma non possiamo trovare il sistema per morire insieme, noi due? Perché se muori prima tu io non ce la faccio» aveva chiesto Lucia Lagrasta in Zagaria pochi anni fa, durante la pandemia, a suo marito Lino Zagaria detto Banfi. Poco tempo dopo lui ha scritto una lettera al Papa in cui confessava di aver chiesto a Dio, come ultimo desiderio, di morire nello stesso momento della moglie «tenendoci per mano come abbiamo fatto sempre nella nostra vita».
Non è stato possibile e ieri Lucia Zagaria, quasi 85 anni, è mancata al Campus Bio Medico di Roma, dove da anni era in cura, pare, per una forma progressiva e implacabile di Alzheimer (i funerali oggi alle 12 nella Parrocchia di Sant'Ippolito). La figlia Rosanna ha pubblicato una foto in bianco e nero della mamma con in mano un gelato: «Ciao mami, ora sei di nuovo così, buon viaggio». L'ondata di affetto popolare, espresso dai social ma non solo, è stata subito gigantesca ma non solo perché Lino Banfi è senza dubbio uno dei volti italiani più popolari. È stata una reazione così commossa soprattutto perché i signori Banfi rappresenta(va)no un ideale praticamente irraggiungibile.
Erano probabilmente la coppia più longeva dello spettacolo italiano, hanno attraversato decenni insieme e sono rimasti sempre, inequivocabilmente, magnificamente lontani da pettegolezzi morbosi, scandaletti, schermaglie, piazzate televisive. Lei era nata nell'aprile del 1938 a Canosa di Puglia e conobbe il quindicenne Pasqualino Zagaria quando aveva tredici anni. Da allora sempre insieme. Quasi dieci anni di fidanzamento e poi il matrimonio nel marzo del 1962, dal quale sono arrivati due figli e due nipoti. Erano insieme quando lui cercava, passo dopo passo, porta sbattuta dopo porta sbattuta, a fare il passo più lungo della gamba, passare dalla Puglia degli anni Cinquanta al palcoscenico dei teatri o ai set del cinema. Già ora è una carriera difficile. Ma allora era praticamente un terno al lotto. Banfi ha raccontato di quando cadde in mano agli usurai, di quando viveva a Milano alla stazione dei treni oppure nelle case in costruzione. Insomma, una gavetta come si deve. Si chiamava Lino Zaga allora, era il suo nome d'arte e anche alla moglie piaceva. Fu poi Totò a convincerlo a trasformare Zaga in Banfi perché, superstizioso com'era, pensava che portasse bene accorciare i nomi di persona ma portasse molto male accorciare i cognomi. Da allora Lino Banfi ha attraversato la storia dello spettacolo italiano rimanendo legato a un'unica donna che non si è mai mostrata, che non ha mai richiamato attenzioni pur essendo anch'ella un'attrice.
Non ha detto nulla neanche quando suo marito recitava con le donne più sexy e desiderate del tempo, da Edvige Fenech a Nadia Cassini a Barbara Bouchet, che erano più svestite che vestite. Lino Banfi, come pochi altri nella storia dello spettacolo, non si è mai separato, è rimasto sempre e comunque il simbolo del pater familias affidabile e fedele, costi quel che costi. Perciò la commozione di tutti ieri, quando si è saputo che era morta.
In quel momento per tutti Lino Banfi non era più Nonno Libero, Oronzo Canà, il Commissario Lo Gatto, non era più alcuno dei suoi
personaggi. Era l'uomo che ha perso due volte la propria donna. La prima quando l'Alzheimer ha crudelmente iniziato a farsi notare. E l'altra ieri, quando il matrimonio è finito dopo 61 anni e a tutti è venuto il groppo in gola.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.