La spinosa questione dell'aumento della tasse domina il discorso di «politica generale» del neo premier francese, Michel Barnier. Senza un programma esplicito, in carica da 26 giorni, si è presentato ieri in Parlamento per una presa di parola attesa da settimane; in cui il neogollista, scelto da Macron, aveva disseminato il terreno di allarmanti briciole di contenuti. Come Pollicino, in tv aveva infatti già accennato a nuovi balzelli per far cassa. Tasse: a fronte di conti malmessi. Situazione definita «disastrosa», ieri è andato al dunque annunciando di fatto una patrimoniale sui più ricchi per aggredire il debito pubblico: che salirà, ha illustrato cercando riparo nei numeri, a 3.228 miliardi, il che metterebbe il Paese «sull'orlo del precipizio, se non stiamo attenti».
Via dunque alla proposta choc: una tassa per «i più ricchi», ai quali verrà presto sollecitato «un contributo eccezionale». Parte dei suoi 80 minuti in Assemblée, iniziati con la sinistra mélenchoniana che sventolava le tessere elettorali ricordando a tutti che Macron ha dato l'incarico al quarto partito classificato e non a loro, Barnier li ha spesi per denunciare la «spada di Damocle» del debito che pesa sulle finanze d'Oltralpe. Quindi l'impegno a portare il deficit al 5% del Pil nel 2025 e al di sotto del 3% nel 2029. Ha chiesto ai parlamentari un coinvolgimento forte, chiamandoli «rappresentanti del popolo» smarcandosi dai predecessori che li avevano ridotti a esecutori. «Fare molto con poco», il monito ispirato a De Gaulle: anche per affrontare un sistema sanitario «malato». Le tasse per i più fortunati, senza quantificare soglie di patrimonio, e quelle per le aziende «che fanno profitti importanti» sono solo un pezzo del puzzle per ripianare i conti. Due terzi dello sforzo per la manovra 2025 arriverà da tagli alla spesa.
È rimasto però nell'ambiguità, Barnier. Su tutti i temi. Si è impegnato a non raccontare «storie», a stoppare «l'illusione del tutto gratis» e «del tutto sovvenzionato». Ha dichiarato guerra alla «frode fiscale» e a quella «sociale». Realismo e azione, lasciando intendere che pure gli aiuti a pioggia di cui beneficia il sistema di accoglienza dei migranti (dibattito aperto dal ministro dell'Interno Retailleau nei giorni scorsi) potrebbero essere al capolinea.
Ha aperto a discutere di sistema elettorale «proporzionale», caro a Marine Le Pen, pronta a «mettere alla prova» il governo senza censurarlo nell'immediato. Lei, come altri, consapevole però del paradosso: la tassa di solidarietà sul patrimonio (Isf) era stata in parte soppressa da Macron nel 2018 (dopo la fuga di capitali francesi quando fu introdotta dal socialista Hollande). È stato il fronte popolare della gauche, oggi all'opposizione, ad aver promesso il suo ripristino rafforzato in campagna elettorale. Secondo la sinistra, 15 miliardi di entrate già nel 2024. Barnier sembra ora voler scopiazzare. L'ex premier Attal nella replica ha annunciato «la scelta dell'economia, più che delle tasse», pur sostenendo il neo governo.
Istanze diverse. Contraddizioni. Anche sul dossier sicurezza: ieri Barnier ha annunciato un piano d'azione ad hoc per ogni dipartimento». Ma in un discorso a zig-zag specchio di una coabitazione macroniani, neogollisti e centristi.
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