Basta accanimento. Lasciate fallire quei poveri greci

C'è bolletta e bolletta, e quella di Atene ormai è irreversibile

Basta accanimento. Lasciate fallire quei poveri greci

La Grecia è in bolletta. E questa non è una novità. Ma c'è bolletta e bolletta, e quella di Atene ormai è irreversibile. Le casse dello Stato sono a secco e le banche creditrici, sapendolo, tremano e tramano: vogliono farla finita? Pensano che il default greco sia un dato di fatto da ufficializzarsi molto in fretta. Questione di giorni. Infatti le Borse europee, sensibili ai «si dice», variante economica e finanziaria del gossip, hanno registrato ribassi non indifferenti. Si preparano al peggio. Queste sono notizie di pubblico dominio, la cui gravità tuttavia sfugge al popolo continentale.

Emerge un problema, anzi, ne emergono due. Primo. La Grecia non ha il becco di un quattrino e non è in grado di pagare i debiti. Non lo sarà domani né tra un anno perché non ha importanti aziende che producano ed esportino; il turismo è un suo punto di forza, ma non basta per aggiustare i bilanci; gli armatori agitano un'arma micidiale di ricatto: se il governo ci aumenta le tasse, noi espatriamo, delocalizziamo e non sganciamo più un soldo.

Secondo. Una situazione del genere non promette nulla di buono: all'orizzonte si profila un fallimento tragico del Paese. Da anni Atene tira la corda, e la corda si è sfilacciata: è sul punto di spezzarsi. Alexis Tsipras ha illuso la sua gente sventolando la bandiera rossa della riscossa; la maggioranza ha creduto negli effetti miracolistici del governo di sinistra e ha votato il leader emergente. Risultato: un flop.

D'altronde la moneta non è né progressista né conservatrice: o ce l'hai o non ce l'hai. La Grecia ne è priva e non ha facoltà di stamparla, essendo legata rigidamente all'euro. Una iattura. Non esistono prospettive di salvezza. Però l'ipotesi del disastro non viene presa in seria considerazione: è sottovalutata e lo sarà fino a che il tracollo non avrà travolto i vari partner europei. Allora - prestissimo - ci metteremo le mani nei capelli e ci renderemo conto che l'euro è stato ed è una maledizione per chiunque l'abbia adottato. Perché? Esso non è all'altezza di rappresentare più di 20 economie diverse, 20 culture diverse, 20 legislazioni diverse, 20 lingue diverse. È fonte di confusione, come ampiamente dimostrato dalla politica schizoide di Bruxelles.

Se salta l'anello Grecia, si spezza la catena della moneta unica e nessuno sarà capace di aggiustarla, cosicché l'Unione sarà obbligata a sciogliersi e a trovare nuovi equilibri al momento inimmaginabili. Il ritorno alle vecchie monete nazionali sarà ovviamente traumatico e foriero di sbandamenti paurosi. Non abbiamo strumenti idonei a prevedere le conseguenze di una simile crisi monetaria, ma siamo sicuri che essa sia inevitabile. Da tempo immemorabile diciamo che l'Europa è una finzione, un bluff finanziario destinato a non durare; purtroppo, alla luce degli eventi greci, dobbiamo rassegnarci a constatare che siamo stati lungimiranti. Ma c'è ancora chi non è consapevole dei rischi cui andiamo incontro per esserci dotati di una valuta fasulla.

Quando accadrà il patatrac non servirà piangere: bisognerà reagire, nel senso che ciascun Paese dell'Ue dovrà arrangiarsi, tranne l'Inghilterra, la Svezia e la Danimarca che nella moneta unica non sono mai volute entrare grazie alla loro fondata diffidenza.

Siamo alla vigilia del terremoto eppure non abbiamo paura: viviamo alla giornata, confidiamo nello stellone protettivo, pensiamo che tutto sommato ce la caveremo o, peggio, che sarà una passeggiata. Vabbè, aspettiamo il peggio a ciglio asciutto. Ma facciamo almeno gli scongiuri.

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