A un battito dal cuore del presidente. E il secondo rischia di essere il primo

Il vice è quasi sempre inutile ma una volta su tre ha preso il posto del capo. Soprattutto quando l'età gli giocava contro

A un battito dal cuore del presidente. E il secondo rischia di essere il primo

All'inizio, cioè fino a un paio di secoli fa, chi vinceva le elezioni faceva il presidente, chi le perdeva il vice. Immaginate che Barnum questi quattro anni con Trump numero uno e Hillary Clinton numero due. Poi quando nel 1800 spaccato Jefferson e Burr arrivano pari si decise, con tanto di emendamento, il numero XII, che il presidente doveva avere incorporato un vice. Il cui unico compito è «aspettare che il cuore del presidente perda un colpo». Perchè il vice non governa, non decide, non conta. Biden, quando accusò Cheeney di essere troppo invasivo nelle scelte di Bush, lo invitò sarcastico a esercitare l'unica autorità riconosciuta al vicepresidente: quella di votare al Senato in caso di parità. Cosa che non succede quasi mai. «Nonostante presieda il Senato - spiega Paul Brace, storico della Casa Bianca - è un ruolo totalmente insignificante». John Nance Gardner, primo vice di Roosevelt, spiegò più prosaicamente che «la vicepresidenza non vale un secchio di piscio caldo». Vive in una residenza a pochi chilometri dalla Casa Bianca e vola su un jet dell'Air Force e se diventa presidente non ha nemmeno diritto a un vice. Quasi come il personale di servizio. Eppure mai come adesso con un presidente che ha 74 anni e un candidato presidente che ne ha 77, il vice rischia di essere il salvagente della Nazione. Mike Pence, che di anni ne ha 61, cristiano evangelico, ex governatore dell'Indiana ed ex star della radio, ci scherza sopra: «Io sono un ragazzo di una piccola città e Trump di una grande città, lui è famoso per la sua personalità eccezionale, il suo fascino e il suo carisma. Io no...». Dice di sè: «Sono cristiano, conservatore e repubblicano in quest'ordine», cioè il contrario di Trump, «tutto Bibbia e Costituzione». Sembra opaco ma è lucidissimo.

Kamala Harris, figlia di un economista giamaicano e di una biologa indiana, avvocato di suo e senatrice dalla California passa invece per essere l'«Obama donna» anche se i Black Lives Matter la vedono come fumo negli occhi. Cristiana battista, 56 anni, sarà la prima donna a entrare nell'ufficio di presidenza, la prima donna a rischiare di diventare Commander in chief. Toccando ferro.

Ambiziosi con giudizio, fedeli per vocazione, più di una spalla, ma meno di un braccio destro, il secondo, il mezzo leader, il succedaneo è una scommessa, non solo per loro, ma, in quasto caso, per il mondo intero. Durante la seconda guerra mondiale ci aiutò la fortuna. Se il cuore di Franklyn Delano Roosevelt si fosse fermato prima del 12 aprile 1945 a succedergli sarebbe stato un signore che chiamava Henry Wallace, figlio di un ricco agricoltore dell'Iowa diventato milionario selezionando geneticamente pollame, e la storia del mondo sarebbe stata tutta diversa. Roosevelt lo sostituì in corsa quando scoprì che intratteneva un carteggio con un pittore russo emigrato in America, un certo Nicholas Roerich, convinti entrambi che Gesù sarebbe presto ridisceso sulla terra per riapparire in Mongolia. Considerava Stalin «la cosa migliore che potesse capitare al mondo in quegli anni», diceva che l'impero del Male non era l'Unione Sovietica, ma la Gran Bretagna e che «i comunisti somigliavano molto ai primi cristiani». Al suo posto arrivò Harry Truman: l'uomo che sganciò le atomiche, chiuse la seconda guerra mondiale e aprì le guerra fredda. In totale 14 vicepresidenti sono diventati presidente, quasi uno su tre. Di Cheney Bush figlio diceva «il mio rapporto con lui è meraviglioso: tutti i vicepresidente vogliono diventare presidenti meno lui». Eppure è stato uno dei più influenti insieme a Gore per Clinton. contribuendo a forgiare la risposta militare agli attacchi dell'11 settembre. John Tyler fu il più rapido: un mese dopo l'elezione di William Harrison, ucciso da una polmonite fulminante, prese il suo posto. Andrew Johnson aspettò 41 giorni, Harry Truman 83. Gerald Ford fu l'unico a diventarlo senza nemmeno essere vice: aveva sostituito Spiro Agnew, seppellito da uno scandalo, come numero 2 e poi Nixon, travolto dal Watergate, come numero 1.

Era sopravvissuto a due attentati, tre ictus e ai kamikaze giapponesi. L'unico presidente Usa mai votato da nessuno. Diceva: «Io sono una Ford, non una Lincoln» cioè io sono una Fiat non una Ferrari. Oggi basterebbe avere un presidente che sappaia che strada bisogna prendere.

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