Beffa delle Regioni, da impresentabili a decisive

Roma Nella storia repubblicana si parla sempre poco dei 58 delegati regionali che integrano il Parlamento per l'elezione del presidente della Repubblica. Se ne parla poco perché vengono eletti una volta ogni sette anni, a ogni fine mandato del Quirinale. Ma siccome ultimamente non si fa che parlare male dei consigli regionali, che sono impresentabili e che ci hanno fregato tutti con i rimborsi, fa una certa impressione sapere che avranno pure combinato qualche casino, ma contano ancora molto a livello politico. Infatti, anche se dovrebbero rappresentare (e al meglio) la diversità territoriale delle Regioni italiane, in realtà questi delegati regionali hanno sempre aderito alla logica di votare secondo il partito di appartenenza, senza dare un contributo realmente regionale. E come potrebbe essere diversamente?

La Costituzione detta le regole: i rispettivi consigli dovranno scegliere tre delegati per ciascuna Regione. La Val d'Aosta ne avrà uno solo. Dovranno essere indicati assicurando «la rappresentanza delle minoranze». Per questo motivo uno dei tre viene destinato alle forze di opposizione, mentre gli altri due in genere sono scelti fra le cariche degli organi politici. La prassi più diffusa è quella dell'elezione del presidente della giunta e del presidente del consiglio regionale, per quanto riguarda la maggioranza, e di un consigliere di minoranza.

La situazione sui delegati regionali è la seguente. Entro il 27 gennaio (ma la gran parte dei consigli regionali si esprimerà martedì 20) si eleggeranno i 58 grandi elettori. In linea di massima, 35 saranno esponenti di centrosinistra, 22 di centrodestra e un autonomista (il valdostano Rollandin), ma questa volta il calcolo è reso più complesso dalla presenza dell'Ncd, che è al governo nazionale con il centrosinistra ma in alcune Regioni, come in Campania, governa con il centrodestra. Un bel rebus. Teoricamente la maggioranza di governo potrebbe fare da sola, avendo più dei 504 voti necessari. Ma sono numerose le variabili che possono far saltare l'equazione. Innanzitutto questo è un governo di larghe intese, retto su partiti di sinistra, centro e destra: difficile la sintesi. Renzi deve poi preservare il Patto del Nazareno, ufficialmente al di fuori della maggioranza, ma determinante nell'iter di approvazione delle riforme istituzionali.

Infine né Renzi né Berlusconi possono contare sulla fedeltà delle proprie truppe parlamentari. I franchi tiratori sarebbero un centinaio fra Pd e Forza Italia. Insomma, le sorprese sono dietro l'angolo, e i delegati regionali potranno dire la loro.

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