Benedetta trattativa ma Napolitano non lo sa

Per una volta il presidente prova sulla sua pelle l'ingiustizia di una giustizia folle, pilotata e vendicativa

Benedetta trattativa ma Napolitano non lo sa

Oggi accade un fatto inedito. I pm di Palermo e gli avvocati di due capi mafia storici, Totò Riina e Bernardo Provenzano, si recano al Quirinale per interrogare il presidente Napolitano sulla presunta trattativa tra Stato e mafia che pose fine alla stagione dello stragismo che insanguinò l'Italia nei primi anni Novanta e che costò la vita, tra gli altri, ai giudici Falcone e Borsellino. Sull'argomento, mafiologi di professione, giornalisti dietrologi e complottisti hanno già versato fiumi di inchiostro.

Non appartenendo a nessuna delle sopracitate categorie mi limito a due considerazioni. La prima è che la presunta trattativa - a occhio - nulla ha a che fare con l'affronto che la procura di Palermo oggi mette in scena contro il capo dello Stato. Penso si tratti di una squallida vendetta dei pm di Palermo per i giudizi che Napolitano avrebbe espresso su di loro - e su Ingroia in particolare - nella famosa telefonata intercettata tra l'inquilino del Quirinale e Nicola Mancino, ministro degli Interni all'epoca delle stragi. Non c'è prova di questo perché la bobina fu distrutta su ordine della Corte costituzionale (il capo dello Stato non può essere intercettato) ma i ben informati giurano che al telefono Napolitano definì quei pm di Palermo incapaci, arroganti e pericolosi (ma forse anche peggio).

La seconda osservazione è di merito. Lo Stato ha il diritto-dovere di trattare con chiunque se c'è in ballo la vita di persone. Lo fa con i rapinatori asserragliati in banca con ostaggi, con i terroristi islamici che tengono prigionieri nostri connazionali. Lo spartiacque etico e politico è uno solo: la trattativa deve essere nell'interesse dello Stato e non portare vantaggi permanenti al nemico. Siccome è vero che dopo quella trattativa con la mafia cessò la mattanza di magistrati e poliziotti, che nessuna bomba scoppiò più nelle piazze e nei musei; siccome è vero che vennero poi arrestati dopo anni vissuti impunemente in latitanza i padrini Riina, Provenzano e praticamente tutti i loro uomini, mi chiedo: ma di che parliamo? Benedetta dovrebbe essere una simile trattativa e benemeriti gli uomini che l'hanno condotta. Ma poiché siamo in Italia non è andata così: poliziotti, ufficiali dei carabinieri e dei servizi segreti sono stati messi sotto processo, umiliati e condannati per «intese col nemico». E ora tocca a Napolitano, che di quelle vicende poco saprà e nulla dirà.

Per una volta il presidente prova sulla sua pelle l'ingiustizia di una giustizia folle, pilotata e vendicativa. Una pratica che fino ad ora lui si era limitato ad agevolare per permettere l'eliminazione politica di tale Silvio Berlusconi, premier a lui non gradito. Troppo tardi, presidente, per fare oggi la vittima.

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