Il benessere non basta. La rivolta nostalgica della Germania Est

Il malessere dei cittadini ex Ddr non nasce da motivi economici. L'economia lì è in crescita. È la paura il motore delle tentazioni anti democratiche

Il benessere non basta. La rivolta nostalgica della Germania Est

Le elezioni regionali in tre Länder della Germania est quelle di inizio settembre in Turingia e Sassonia e del prossimo 22 settembre in Brandeburgo riportano al centro del dibattito la cosiddetta questione orientale tedesca. Il terremoto politico innescato in Turingia e Sassonia, e che probabilmente sarà replicato in Brandeburgo premiando due forze all'estrema destra e sinistra come AfD e il nuovo Bsw di Sahra Wagenknecht, rappresenta secondo il politologo della libera Università di Berlino Klaus Schruoder «l'inizio di una trasformazione del panorama politico tedesco che, partita a est, si riverserà anche a ovest». Difficoltà economica, immigrazione e sicurezza, caro energia alimentano il disincanto dei tedeschi-orientali a trentacinque anni dalla caduta del Muro di Berlino, l'atto che nel 1989 chiuse la stagione della guerra fredda e aprì a via alla riunificazione tedesca. Fra poco meno di due mesi se ne celebrerà l'anniversario, ma questa volta ci sarà poco da festeggiare. Eppure, se restringiamo il campo alla sola economia, la ribellione dei tedesco-orientali verso le cosiddette élite politiche e il governo federale appare più una questione di sentimento che di ragione. Di emozioni più che di numeri. La strategia sostanzialmente bipartisan per rilanciare l'economia dei Länder orientali, elaborata prima dal governo Merkel e proseguita dall'attuale esecutivo Scholz, punta a sviluppare industrie legate all'innovazione e alle nuove tecnologie e a insediare sul territorio centri di ricerca e sviluppo, connettendo istituti privati e università pubbliche. Attirando così competenze e forza lavoro qualificata dalle regioni occidentali del paese come dall'estero e frenando la fuga dei giovani locali. Un disegno inevitabilmente di lungo periodo, che tuttavia ha già prodotto alcuni successi. Che si tratti di Tesla con la gigafactory a Grünheide nel Brandeburgo, del produttore cinese di batterie agli ioni di litio Catl in Turingia o del colosso taiwanese di chip TSMC in Sassonia, rinomate aziende internazionali stanno investono nella Germania dell'Est, anche grazie ai generosi sussidi del governo. Nel caso di TSMC, Berlino ha impegnato la cifra record di cinque miliardi di euro. Mai prima d'ora un governo federale aveva stanziato la metà dell'importo dell'investimento per la costruzione di una fabbrica.

Somme ingenti che iniziano a fruttare. Nel caso di Tesla, quello per il quale sono già disponibili dei numeri, il prodotto interno lordo del Brandeburgo è cresciuto in modo relativamente forte nel 2022 (9,76%) e nel 2023 (9,86%). Gli economisti però frenano l'entusiasmo, perché l'effetto è chiaramente concentrato nella regione intorno a Grünheide. Oliver Holtemöller, professore di economia all'Università Martin Luther di Halle-Wittenberg, sostiene che «in termini di promozione della crescita a lungo termine, gli accordi una tantum basati su sussidi sono meno adatti di misure che mirano a migliorare le condizioni per tutte le imprese, e nascondono il pericolo che le aziende scelgano altre sedi quando i sussidi finiscono». Opinione condivisa da Joachim Ragnitz, responsabile per l'Istituto Ifo dei rapporti sulla Germania est: «Gli effetti economici dei nuovi insediamenti sono per lo più limitati alle località immediate, ma non ci sono quasi effetti di ricaduta». Meglio, secondo gli economisti, utilizzare i soldi per maggiori investimenti nella ricerca, nell'istruzione e nelle infrastrutture, piuttosto che sostenere le singole aziende con miliardi.

Va però riconosciuto che ormai l'economia orientale è qualcosa di più della somma di progetti di prestigio. In produttività, tasso di disoccupazione e livello salariale negli ultimi anni la Germania dell'est ha costantemente recuperato terreno su quella occidentale: «La ripresa in Oriente non è più una frase vuota, è una realtà», certifica il quotidiano economico Handelsblatt. Complice anche la stagnazione che ha investito nel suo complesso la locomotiva europea, l'economia della Germania dell'est sta crescendo più velocemente di quella del paese nel suo insieme. Le stime dell'Ifo prevedono che la produzione al di là dell'Elba dovrebbe aumentare nel 2024 dell'1,1%, mentre la Germania resterà al palo. E la crescita dovrebbe proseguire anche nel prossimo anno, quando il prodotto interno lordo al netto dei prezzi potrebbe crescere a oriente dell'1,7% rispetto allo 0,9 della Germania intera. Naturalmente va tenuto conto che, a fronte di una fase di fragilità economica generale soprattutto a causa del debole sviluppo industriale, l'est soffre di meno proprio perché ha meno industrie.

Laddove le distanze restano ampie è nel livello dei salari. Uno studio della Fondazione Bertelsmann ha confermato che quello medio nell'est è di 3.157 euro, nell'ovest di 3.752 euro. Ma negli ultimi decenni i salari medi hanno registrato una costante convergenza: se negli anni Novanta il divario era del 26%, oggi è sceso poco sotto il 16%. Per gli autori dello studio però, i progressi nella riduzione del divario vengono percepiti dai cittadini orientali assai meno rispetto al fatto che tra le due metà della Germania persista uno squilibrio trentacinque anni dopo la fine della divisione. Ma esso è ancora giustificato dai diversi livelli di produttività: nel settore edile, nel commercio e nei servizi le cose sono diventate molto più simili spiegano i ricercatori ma nel settore manifatturiero la produttività del lavoro nell'est è solo il 76% del livello della Germania ovest. Tuttavia questa rincorsa è un successo, sottolinea di nuovo Holtemöller, «un recupero della capacità produttiva di questa portata non si è visto in nessuna parte del mondo». Ma non è evidentemente l'economia il propellente della ribellione verso chi sta in alto, i successi economici non attenuano il malessere. Oggi è la sicurezza il tema centrale in uno spazio casalingo che sembra aver perso i contorni noti. Anche il fatto che l'economia affidi le sue speranze a marchi esotici americani, cinesi o taiwanesi e non più tedeschi alimenta lo spaesamento. E in questo bisogno di protezione, che si nutre anche dell'idealizzazione del mondo dell'infanzia perduto, si ritrova una delle contraddizioni dell'est della Germania: il rifiuto dell'immigrazione, che è anche responsabilità del controllo sui flussi perduto nella stagione dell'accoglienza di Angela Merkel, rischia di pregiudicare il futuro economico della regione. Per gli economisti è la nota dolente: la popolazione invecchia, a est più che altrove, e le imprese sono alla disperata ricerca di forza lavoro.

A est entro 10 anni bisognerà coprire 300 mila posti di lavoro per non mettere a rischio la crescita. Ma se l'Est non offre un'immagine di accoglienza, la manodopera straniera qualificata (anche quella più domestica dai paesi europei) sceglie altri lidi. Il mondo è grande e la concorrenza pure.

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