Biagiarelli non si scusa. E non torna in tv

Il food blogger sui social dà la sua versione: "Non chiedo perdono per la morte della Pedretti"

Biagiarelli non si scusa. E non torna in tv
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Lorenzo Biagiarelli, food blogger di seconda professione, fidanzato di Selvaggia Lucarelli di prima, è tornato sui social dopo l'orrenda vicenda della ristoratrice di Lodi suicida. La signora Giovanna Pedretti, 59 anni, è stata trovata senza vita nel Lambro domenica 14 gennaio. Era la titolare della pizzeria Le Vignole a Sant'Angelo Lodigiano. La sua risposta alla recensione di un cliente su Tripadvisor era diventata molto condivisa sui social media. L'avventore si lamentava della presenza di gay e di un disabile nel locale, lei rispondeva con gentile fermezza. Da lì in poche ore era diventata l'eroina dei diritti, poi in un'altra manciata di minuti, si era trasformata nel pungiball mediatico più menato di sempre. Era bastato che Biagarelli, rilanciato da Lucarelli, sollevasse dubbi e «prove» circa la veridicità della prima recensione. Il resto è storia. Ieri, in un lungo video, il food blogger ha voluto dare «per la prima e l'ultima volta» la sua versione dei fatti. Che comincia così: «Non posso e non voglio chiedere scusa per la morte di Giovanna Pedretti. Se lo facessi, sarei uno di quelli che usa la sua morte a mio vantaggio, per riabilitarmi. E non torno nel programma su Rai 1 È sempre mezzogiorno!, non ci sono le condizioni».

Camicia da boscaiolo, barba hipster, empatia rimossa chirurgicamente. Ricostruisce i fatti, si spolvera via le colpe, parla delle minacce di morte ricevute da lui e da Selvaggia e fa nomi e cognomi di altri che semmai avrebbero dovuto finire nel tritacarne assieme a lui (giornalisti televisivi e di carta stampata) ma non ci sono finiti solo perché non si chiamano Biagiarelli e tantomeno Lucarelli. «Lo stigma infame dell'istigazione al suicidio viene riservato solo a me e alla mia compagna, nonostante l'assenza di questa gogna social nei confronti della ristoratrice sia stata appurata». Non esplora neppure l'ipotesi che forse gli altri ne sono usciti «indenni» (da questa storia indenne non è uscito nessuno) perché per loro la «gogna» di Lodi non rappresenta un «sistema». E non lo sfiora il sospetto che tutto 'sto casino per smascherare un'eventuale falsa recensione su una pizzeria del lodigiano, forse non valeva la pena. Non proprio uno scoop, checché ne dica la Lucarelli. Lui stesso, nel video ribadisce: «Questo perché il senso di fare debunking non è quello di smentire o esporre al pubblico ludibrio una persona comune, come è stato spesso scritto in questi giorni. Ma è smontare una notizia, specie se di diffusione nazionale, e criticare l'operato della stampa quando si alimenta di notizie non verificate, monetizzandole con i click su articoli che possono facilmente indignare». Respinge tutte le accuse e ne lancia ancora di più. Ribadisce che non si è affatto trattato di «tempesta d'odio» e invita alla riflessione sul concetto di verità, sul diritto di parola, sulla libertà di stampa, sulle falsità e sulla cattiva fede.

In pratica una lectio magistralis. Un po' come l'ultima volta che lo avevamo sentito parlare (e la prossima c'è da scommettere) prima che si inabissasse in questo mese di silenzio autoinflitto dal quale non sentivamo l'esigenza di vederlo riemergere.

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