Da una parte, in Israele, Joe Biden e Benjamin Netanyahu. Dall'altra, a Pechino, Vladimir Putin e Xi Jinping. In mezzo due guerre su cui si giocano gli equilibri internazionali e due visioni opposte del mondo, con gli Stati Uniti che tentano di difendere la leadership internazionale e la Russia che mette in discussione il «dominio occidentale».
Biden e Putin si scomodano da Casa Bianca e Cremlino nel momento più buio e sanguinoso dal dopoguerra, con la guerra in Ucraina, lanciata da Mosca, ancora in pieno corso e il conflitto arabo-israeliano riesploso dopo l'attacco terroristico a Israele. Per il presidente americano, quella di oggi in Israele è una visita-lampo di appena 5 ore, ma parecchio significativa, con rischi fisici e politici, in un teatro di guerra, mentre proseguono i lanci di razzi su Israele da parte di Hamas e i raid israeliani su Gaza. Il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant avverte gli integralisti: «Avete due opzioni, arrendervi o morire», ma le sue parole accrescono i timori per le vittime civili dopo la strage di ieri in un ospedale a Gaza.
A differenza di quando si recò a Kiev a febbraio, in segreto, Biden stavolta ha annunciato il viaggio, può contare sullo scudo militare che gli Usa hanno potenziato nell'area (schierate altre due navi nel Golfo) e - grazie alla persuasione dei giorni scorsi e alla sua presenza oggi, - ha già ottenuto un risultato. Israele frena sull'operazione di terra e potrebbe cambiare piani. «Ci stiamo preparando per le prossime fasi. Non abbiamo detto quali saranno. Tutti parlano dell'offensiva di terra. Potrebbe essere qualcosa di diverso», spiega un portavoce dell'esercito israeliano. Ci sono «tutti i tipi di finali» e «il governo sta ancora discutendo su quale potrebbe essere». Ma una cosa è chiara: «Ci stiamo preparando a implementare ampi piani offensivi». E il futuro della Striscia sarà poi «una questione globale».
Gli Stati Uniti sono al lavoro per dare pieno appoggio a Israele, principale alleato nell'area, per rimarcare il suo diritto alla difesa, ma si muovono anche per evitare che l'attacco a Gaza diventi un pantano militare, per scongiurare l'allargamento del conflitto, coordinare gli sforzi per il rilascio degli ostaggi, ridurre al minimo le vittime civili, far affluire aiuti umanitari a Gaza. Sul piano strategico Biden lo ha già detto: «Sarebbe un grande errore se Israele occupasse nuovamente Gaza».
La visita del capo della Casa Bianca proseguirà in Giordania, dove Biden incontrerà il re Abdullah II e il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi. Previsto un summit a 4, con anche il presidente dell'Autorità Palestinese Abu Mazen, ma la strage a Gaza lo avrebbe spinto a cancellare la partecipazione. Sul tavolo due temi scottanti: «I pericolosi sviluppi a Gaza, con le loro ripercussioni sulla regione» e le strategie per «trovare un orizzonte politico che rilanci il processo di pace israelo-palestinese».
A condizionare gli sviluppi nell'area sarà inevitabilmente l'incontro di oggi a Pechino tra Putin e Xi, primo viaggio in Cina del leader russo dalla guerra in Ucraina.
Pechino ha già chiesto a Israele di «cessare la punizione collettiva del popolo di Gaza» e, pur ammettendo che Hamas è andato «oltre l'autodifesa», si è schierata a favore della causa palestinese e per la coesione del mondo islamico. In un tragicomico scambio di ruoli, Putin si è offerto come mediatore per mettere fine alla guerra. Mentre lui continua la sua in Ucraina. Anche grazie al sostegno dell'Iran, che vuole la fine di Israele.
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