Biden telefona al Papa. Ma le scintille tra Usa e Iran avvicinano l'escalation

"La situazione sta per diventare incontrollabile". Il monito, diretto a Usa e Israele, arriva direttamente da Teheran

Biden telefona al Papa. Ma le scintille tra Usa e Iran avvicinano l'escalation
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«La situazione sta per diventare incontrollabile». Il monito, diretto a Usa e Israele, arriva direttamente da Teheran. E nessuno dei destinatari lo sta prendendo alla leggera. Tanto che è arrivata una telefonata di 20 minuti tra Joe Biden e Papa Francesco per individuare «percorsi di pace». A seguire c'è stata una sorta di G7 telefonico: Biden con Giorgia Meloni, il britannico, Rishi Sunak, il canadese Justin Trudeau, Macron, e Scholz.

I primi a rispondere al monito iraniano sono stati il premier israeliano Bibi Netanyahu e il Segretario alla Difesa statunitense Lloyd Austin. «Ancora non sappiamo se Hezbollah voglia andare verso un conflitto totale. Se lo facesse - ha detto Netanyahu - commetterebbe un errore fatale... Lo colpiremmo con una potenza che nemmeno immagina, con conseguenze devastanti per lui e per il Libano».

Agli avvertimenti del premier israeliano si sono aggiunti quelli arrivati dall'altra parte dell'Atlantico. «Se qualche gruppo o Paese sta cercando di ampliare questo conflitto e trarne vantaggio il nostro consiglio è di non farlo» ha dichiarato Austin sottolineando di aver appena attivato il dispiegamento di una batteria Thaad (Terminal High Altitude Area Defense) e di ulteriori unità di sistemi antimissile Patriot nella regione mediorientale «per aumentare la protezione delle forze statunitensi». L'immediata reazione israeliana e statunitense è tutt'altro che immotivata. Washington e Gerusalemme sanno bene che Teheran custodisce le chiavi capaci d'innescare un allargamento del conflitto estendendolo da Gaza a tutto il Medioriente. La Guida Suprema Alì Khamenei e la dirigenza politica iraniana hanno infatti il potere di decidere se Hezbollah debba attaccare Israele e se i pasdaran iraniani già dislocati in Siria debbano aprire le ostilità sul fronte del Golan.

Ma non solo. Teheran, in verità, è in grado operare su un raggio ancor più ampio. I missili degli alleati Houti, i ribelli sciiti attivi nel Nord dello Yemen, possono colpire le basi Usa in Medio Oriente. I razzi e i droni delle milizie sciite irachene i soldati statunitensi dispiegati in Irak. Nulla, del resto, che non stia già avvenendo. Sul fronte settentrionale di Israele Hezbollah e Tsahal si fronteggiano con incursioni di droni e colpi di missili anticarro fin dal 7 ottobre. Solo quattro giorni fa il cacciatorpediniere Usa Carney, in navigazione nel Mar Rosso ha intercettato tre missili provenienti dallo Yemen. E, proprio ieri, i ribelli Houti hanno fatto sapere che se continueranno gli assalti a Gaza anche «le navi israeliani nel Mar Rosso verranno attaccate». In Irak non va meglio. Da mercoledì, tre basi statunitensi (Ain al-Assad, nella provincia occidentale di Anbar, Al-Harir nel Nord e un campo militare vicino all'aeroporto di Baghdad) sono state colpite con droni e missili. In Siria invece vengono segnalati spostamenti di unità di pasdaran nelle provincie attigue al confine con Israele. Fino a questo momento però gli attacchi degli alleati di Teheran non hanno raggiunto il punto di non ritorno.

Hezbollah pur avendo promesso più volte d'intervenire a fianco di Hamas si è ben guardato dal lanciare un attacco a tutto campo. E anche le scaramucce sul fronte iracheno fanno capire che a Teheran il Grande Fratello di Hezbollah e delle altre formazioni sciite sta valutando con molta attenzione i pro e i contro di un conflitto esteso a tutto il Medioriente. Teheran sa bene che un attacco ad Israele mentre è impegnato in una partita mortale con Hamas innescherebbe quasi sicuramente la risposta americana. E non si tratterebbe di una risposta da poco.

Le due squadre navali guidate dalle portaerei Ford ed Eisenhower davanti alle coste del Libano sono in grado di disintegrare le roccaforti di Hezbollah. Ma non solo. Quella forza navale può garantire a Israele l'appoggio indispensabile per colpire la stessa Repubblica Islamica distruggendone infrastrutture nucleari e basi militari.

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