Blair affonda l'astro nascente Corbyn «Labour a sinistra? 20 anni di sconfitte»

«Il rischio è che il partito cada nell'irrilevanza politica permanente» ha messo in guardia l'accademico laburista Patrick Diamond. E non ci vuole la palla di vetro per capire che il Labour britannico stia vivendo una delle peggiore crisi degli ultimi decenni e che, avanti così, potrebbe agevolmente regalare anche le prossime elezioni ai Conservatori. Ecco perché, a mettere un po' di sale nelle ferite, ma anche a tentare di indicare una strada per la vittoria, ha pensato ieri Tony Blair, il leader laburista di maggior successo della storia di Gran Bretagna, che il partito ha ripudiato a posteriori rimproverandogli la nuova vita da riccone e le scelte filo-americane che spinsero Londra nella guerra in Irak. A ventun anni di distanza dalla sua elezione alla testa del Labour, Blair ha ribadito il tormentone degli ultimi anni: «Si vince al centro, si vince rendendosi appetibili a una quota di pubblico ampia e trasversale, si vince sostenendo il business e i sindacati». Ma attenzione: non si vince «con la vecchia piattaforma di sinistra». «E se anche pensassi che quella fosse la strada per la vittoria, non la prenderei». «Bisogna andare avanti e non tornare indietro, altrimenti la gente non ci voterà». E tenere bene in mente «la differenza fra sinistra radicale, spesso reazionaria, e socialdemocrazia radicale» per «non dover scegliere tra potere e princìpi».

Il messaggio è chiarissimo ma Blair si toglie più di un sassolino dalla scarpa in conferenza stampa. Nel mirino c'è Jeremy Corbyn, uno dei quattro candidati alla leadership del partito che si svolgerà tra cinquanta giorni e dato favorito, a sorpresa, con largo margine in un sondaggio YouGov con il 43%, avanti di 17 punti sul Andy Burnham (anche lui espressione della sinistra tradizionale, fermo al 26%) e ben più piazzato di Yvette Cooper al 20% e dell'unica blairiana in corsa, Liz Kendall, ferma all'11%. «Se Corbyn diventasse leader, il Labour potrebbe restare per vent'anni fuori da Downing Street». E ancora: «Sarebbe come tornare a Star Trek. Indietro ai vecchi tempi». Poi la ciliegina sulla torta: «Quando la gente dice: il mio cuore batte per quel politico, be' fatevi un trapianto». Più che una sfilza di affermazioni scomode, una bomba sul partito. Diretta al suo papabile prossimo leader, quel Corbyn considerato proprio il simbolo di una vecchia sinistra radicale, che ieri ha rinfocolato le accuse con l'esposizione dei suoi piani economici: il deficit non si taglia sulla pelle dei poveri, ma alzando le tasse a danno dei ricchi. A destra i Tory gongolano, non solo per la guerra in corso fra le due anime del partito.

Il Telegraph ha invitato i suoi lettori a sostenere Corbyn perché, se ce la facesse, sarebbe una vittoria garantita per i Tory fra cinque anni. Ma la domanda è: le accuse di Blair, ormai odiato dalla base del partito, aiuteranno il Labour a ragionare o regaleranno a Corbyn, simil-Tsipras inglese, lo scettro di nuovo re della sinistra?

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