Bomba sulle elezioni. "Un avviso di garanzia direttamente dagli Usa"

Secondo il Pd si tratta di un avvertimento alla Meloni affinché "normalizzi" gli alleati

Bomba sulle elezioni. "Un avviso di garanzia direttamente dagli Usa"

«È un avviso di garanzia made in Usa». Un ex ministro Pd, assai ben informato sui dossier internazionali, sintetizza così la September Surprise piombata da oltre oceano sulla campagna elettorale italiana, con il rapporto dell'intelligence americana su fondi russi a partiti e movimenti stranieri e i tentativi di Mosca di inquinare il gioco politico negli altri Paesi.

Un tempo erano le iperattive procure degli Ingroia e dei Gratteri che si occupavano di vivacizzare il clima politico con inchieste ad hoc su presunte mazzette o concorsi esterni. Oggi, in tempi di guerra in Europa e di fortissime tensioni geopolitiche, entrano in campo attori assai meno folkloristici, e il gioco si fa assai più serio. In ballo c'è la collocazione internazionale del Paese, la sua fedeltà alle alleanze storiche, la strategia Nato e Ue di appoggio all'Ucraina. E «l'avviso di garanzia Usa», dice lo stesso ex ministro dem, serve ad avvertire chi, soprattutto in Europa (dalla Svezia dove si è appena votato all'Italia dove si vota tra poco), guarda ancora a Mosca, che «loro le cose le sanno bene, e sono pronti a tirarle fuori, se necessario».

La questione è esplosiva, come dimostra il nervosismo che si registra nel centrodestra (Lega in testa), l'euforia con cui il Pd martella sul tema, l'imbarazzo con cui il grillino Conte si difende dall'accusa di fare il gioco di Mosca: «È folle pensare che io abbia mai tifato Russia», giura. Ma Conte è ovviamente fuori dai giochi per il futuro governo, dunque ha un ruolo marginale. Nell'occhio del ciclone sono i probabili vincitori di centrodestra. E la pressione è forte.

Tanto da creare un sotterraneo incidente diplomatico tra governo e presidente del Copasir: il meloniano Adolfo Urso, ieri, si è affrettato a raccontare in tv che «mi sono confrontato con Franco Gabrielli (sottosegretario delegato di Draghi alla Sicurezza e ai Servizi, ndr) e dalle notizie fornitemi non risulterebbe vi sia l'Italia» nel dossier Usa. Una sgrammaticatura istituzionale grave, da parte del presidente dell'organismo parlamentare che vigila sui Servizi, che ha stupito e irritato Gabrielli e Palazzo Chigi. Il membro Pd del Copasir, Enrico Borghi, bacchetta Urso: «Sarebbe opportuno che chi ha responsabilità istituzionali si esprimesse nelle sedi opportune», anziché nei talk show. Urso poi ha tentato di mettere una pezza annunciando che venerdì il sottosegretario sarà ascoltato dal Copasir «e vedremo se ci saranno ulteriori notizie» perché «le cose possono sempre cambiare».

Nella Lega il nervosismo è ancora più palese: i leaks provenienti dagli Usa «hanno nel mirino innanzitutto Salvini e i suoi legami con Putin», dice la responsabile Esteri del Pd Lia Quartapelle. Ma «dietro c'è un messaggio a Giorgia Meloni, che si candida a premier: è in grado, lei e la sua classe dirigente, di gestire le profonde contraddizioni geopolitiche nella sua coalizione, e di fare chiarezza? Cosa succederà sul prossimo decreto per le armi all'Ucraina, che dovrà essere gestito da lei e dai suoi alleati?»

Anche il Pd ha avuto i suoi problemi con i filo-russi, «ma almeno noi - rivendica Quartapelle - su questo abbiamo rotto con il nostro alleato che aveva una linea ambigua sulla grande questione del nostro tempo, pagandone un prezzo. Meloni pensa che basti dirsi pro-Ucraina per risolvere il problema?»

In casa meloniana, in verità, il problema è piuttosto chiaro, anche se nessuno lo ammette esplicitamente.

Ma tra i suoi qualcuno sussurra: «Salvini difficilmente potrà fare il ministro, tanto meno al Viminale». Con la speranza che «ci pensino le urne» a risolvere il problema. «In Piemonte siamo dati appena al 10%, quindi a livello nazionale siamo sotto», confidava ieri un importante sindaco leghista del Nord.

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