La bufera che si era abbattuta sulla politica italiana qualche settimana fa in merito al bonus di 600 euro per i lavoratori autonomi richiesto ed ottenuto da alcuni parlamentari sembra essersi placata del tutto. Eppure non tutti quelli che sono stati definiti "furbetti" sono stati smascherati. Sia chiaro, in questa vicenda non c’è nulla di illecito. A dare fastidio all’opinione pubblica è la questione morale: il fatto, cioè, che persone che guadagnano un bel po’ di euro al mese, circa 14mila, abbiano richiesto il bonus al pari, ad esempio, di un negoziante che ha dovuto chiudere bottega.
Alla gogna sono finiti i tre parlamentari che hanno incassato la somma, cioè i leghisti Andrea Dara ed Elena Murelli e il 5stelle Marco Rizzone. Ma ci sarebbero altri due, uno del Pd e l'altro di Italia viva, che avrebbero richiesto, e non ottenuto, il bonus e che sono rimasti nell'ombra.
Silenzio da parte dell’Inps. Nemmeno le Camere, almeno ufficialmente, sanno chi sono i furbetti che si nascondono nell'anonimato. I leader di Pd e Iv, Nicola Zingaretti e Matteo Renzi, sembra che abbiano perso interesse per la vicenda tanto che si sono guardati bene dal far uscire allo scoperto i nomi dei due parlamentari che avrebbero richiesto il bonus.
Come spiega La Verità anche le Camere hanno aiutato l’istituto previdenziale a tenere al sicuro i nomi. L'Huffington Post, ha ricordato il quotidiano diretto da Maurizio Belpietro, aveva informato che lo scorso 18 agosto la commissione Lavoro della Camera ha inviato una lettera all'Inps. La presidente della commissione è Debora Serracchiani, del Pd, e uno dei due vicepresidenti, Camillo D'Alessandro, è di Italia viva. Nella missiva si chiede di rendere noti i nomi dei cinque deputati che hanno richiesto il bonus. L'Inps confermerà i tre nomi già resi noti ma dirà nulla sugli altri due. Questione di privacy. Il motivo ufficiale che spiega questa disparità di trattamento è il seguente: solo chi ha intascato i soldi del bonus ha perso il diritto alla riservatezza. Sugli altri, quindi, non si può dire nulla. Probabilmente se non ci saranno ammissioni da parte dei diretti interessati la questione finirà qui. Il garante della riservatezza continuerà a chiamarsi fuori dicendo che non esistono i presupposti per un suo pronunciamento. E l'Inps non fornirà i nomi.
In pratica, come ha sottolineato Stefano Filippi dalle colonne de La Verità questo è il governo delle ombre.
Silenzio sul 5G ai cinesi, nebbia sui verbali del Comitato tecnico scientifico che raccontano una verità diversa da quella riferita ai giudici da Giuseppe Conte sul lockdown, buio sui fornitori dei banchi di scuola a rotelle (il commissario Domenico Arcuri ha affermato: "Dirò i nomi dei costruttori se non saranno strumentalizzati"), tenebre sull'andamento dell'edilizia con l’Italia che non comunica i dati agli statistici di Bruxelles.
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