Casi che raddoppiano di settimana in settimana, in maniera diffusa, non più in una sola area del Paese come a marzo. Ieri un nuovo picco, con i contagi che sfiorano quota 22mila (21.994, per esattezza, a fronte di 174mila tamponi) e un balzo in avanti dei pazienti ricoverati in terapia intensiva (1.411 in totale, +127 in un solo giorno) e di quelli che non ce l'hanno fatta (221 morti nelle ultime 24 ore). Un numero così alto di vittime non si registrava dal 5 maggio.
«Il virus è presente dappertutto», avverte il presidente dell'Istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro, durante la conferenza stampa sulla situazione epidemiologica nel Paese, invitando la popolazione a limitare i contatti non strettamente necessari. Anche se ci sono Regioni più colpite di altre, come la Lombardia che ieri ha registrato un altro record, passando da 3.570 a 5.035 nuovi casi (1.940 dei quali nel milanese e 768 nel capoluogo). Un balzo nel numero dei nuovi casi anche in Campania (2.761 contro i 1.981 di lunedì, il numero più alto registrato dall'inizio dell'emergenza), in Piemonte (2.458 contro i 1.625 del giorno prima) e in Liguria dove sono raddoppiati (1.127). Preoccupa la crescita dei sintomatici e dei pazienti gravi. «Se continua l'aumento dei posti occupati in terapie intensive c'è un problema molto critico: chi è affetto da altre patologie non troverà posto perché i letti saranno occupati da pazienti Covid. Quindi occorre gestire l'epidemia garantendo i bisogni di salute che continuano ad esserci», ammette il presidente dell'Iss.
Il virus avanza velocemente, come nel resto d'Europa. E proprio guardando gli altri Paesi, ritiene Brusaferro, «possiamo capire l'evoluzione dell'epidemia se non adottiamo determinate misure». Ma la capacità di trattamento di tutti i casi, che è la prima linea per far fronte al contenimento dell'epidemia è in affanno. E questo è motivo di grande preoccupazione. Quando si fa fatica a tracciare, dice, si passa alla fase della «mitigazione per ridurre la probabilità di trasmissione». «Ecco quindi le raccomandazioni per adottare provvedimenti che consentono di modellare la curva, raffreddarla. Per farlo servono misure a livello nazionale e locale», spiega Brusaferro. Non è ancora tempo per parlare di lockdown totale, ma è chiaro che potrebbe essere il prossimo passaggio.
Sul tavolo rimane la possibilità di chiudere le grandi città, come Milano o Napoli «per raffreddare la velocità di crescita del virus». «È chiaro che quando la situazione sfugge completamente di mano in una determinata area, il lockdown può essere preso in considerazione, anzi dovrebbe essere quasi un automatismo», rincara la dose il direttore generale della Prevenzione del Ministero, Gianni Rezza. «Una chiusura a livello locale e limitata nel tempo - spiega - potrebbe causare danni minori rispetto a non prendere determinate misure.
Questo deve avvenire laddove si verifichi una situazione di insostenibilità e di sovraccarico delle strutture sanitarie». Intanto c'è l'accordo sul tampone rapido. Si potrà fare dal medico di famiglia e costerà 18 euro. Nella Asl solo 12 euro.
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